A recuperarle, nel desiderio di tornare a riflettere su un tema ancora scomodo, è ora un gruppo di ottimi attori, che da anni lavora con il regista Antonio Latella e che proporrà il testo in lettura scenica allo Spazio Mil dal 15 al 20 maggio.
Sono Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci e Rosario Tedesco (suoi anche adattamento e regia).
La questione è ritornata alla polemica mediatica a seguito della pubblicazione del libro di John Cornwell “Hitler's Pope”, nel 1999.
Lanciato negli Stati Uniti, al momento della sua uscita, con due intere pagine del Sunday Times e tradotto in molte lingue. Diventa, di conseguenza, ancora più necessaria e non rinviabile l'apertura degli Archivi Vaticani, non disponibili per gli studiosi a partire dal 1922, vale a dire, dalla fine del pontificato di Benedetto XV.
Padre Pierre Blet, uno dei curatori degli Actes et documents, prima citati, in una recente nuova sintesi sulla questione - Pio XII e la Seconda guerra mondiale negli Archivi vaticani - ha ribadito, tuttavia, in risposta a ricorrenti sospetti, che in essi non sono conservati altri documenti significativi inediti.
Un silenzio addirittura triplice, secondo l’autore: del Papa, dei vertici ecclesiastici e di gran parte del popolo cristiano. Il pontefice temeva gli ebrei comunisti, un tema che ricorrerà diverse pagine più avanti, quando l’autore tratterà della mancata scomunica di Hitler, ma che viene affrontato già nella prima parte, che traccia una breve storia dell’antisemitismo cattolico.
Pio XII, nei confronti dello stato nazista, si è rivelato più morbido del suo predecessore, il pur concordatario Pio XI. Non sostenne ma nemmeno condannò il nazismo: «Non v’è dubbio che il papa e la Santa Sede abbiano percepito lentamente e molto parzialmente la specificità del nazional-socialismo, la diplomazia vaticana raramente intervenne in difesa degli ebrei in quanto ebrei, limitandosi a operare nei confronti degli ebrei battezzati».
Portare in scena anche solo come lettura un dramma del genere aiuta le nostre coscienze addormentate a decifrare l'attuale posizione di una chiesa sempre più attenta al potere temporale che alla sua influenza sulle coscienze può consolidate.
Essere laici in questo periodo diventa un doloroso processo di affrancamento da un culto religioso che si ostina a proclamare il vangelo dell'odio e dell'intolleranza.
Si spera che operazioni come "Il Vicario" possano trovare ben più largo spazio nella prossima stagione teatrale.
Incrociamo le dita.
Amare l'arte è benessere
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