Finalmente approdo a qualcosa che mi ricorda l'infanzia: su Boomerang si fanno tutte le serie (non giapponesi) che mi ricordo anch'io! I Jetsons, l'Orso Yoghi, Napo Orso Capo, i Peanuts. In un flusso ininterrotto.
L'acidità provocatami dal mal di testa che aumenta mi fa anche dire che si tratta di una bella sfilata di fondi di magazzino.
Bene, so che potrò tornarci quando voglio per abbandonarmi ai ricordi, quindi passo ad Animal Planet, dedicato interamente ai documentari sugli animali, ma con un taglio decisamente adatto ai più piccoli. Insomma, qualcosa di diverso dalla voce un po' paludata che da decenni commenta i documentari di Quark.
Entriamo poi nel regno incontrastato di Disney: ben quattro canali appartengono a Topolino & Co. Che appunto per occupare tanto spazio hanno inglobato nella loro famiglia tanti altri nuovi personaggi, sia disegnati che in carne e ossa: questi ultimi appartengono sempre al filone “preadolescente americano alla moda” che ho già visto. Soprattutto si tratta dei primi canali dove mi capita di sorbirmi un bel po' di pubblicità...
Infine, chiudo con un paio di canali che ripropongono cose vecchie come le Tartarughe Ninja (ma rivisitate con un nuovo stile grafico, ancora più duro, come va di moda), Spiderman, e altre serie che non conosco.
Non è passata nemmeno un'ora e mi sono già annoiata.
Perché mi sono annoiata? A parte l'essere io evidentemente parecchio fuori target per questi programmi, credo che la noia possa essere un problema anche per un bambino o per un ragazzino, davanti a questo flusso ininterrotto di prodotti che tendono ad assomigliarsi tutti.
Se si fa eccezione per i canali specificamente dedicati ai bambini molto piccoli, dove è chiaro anche un intento didattico e si sente la “mano” di esperti e pedagogisti nella cura con cui vengono scelti i programmi, tutto il resto, a prima vista, risulta un marasma indistinto, dove l'attenzione per lo spettatore, appena un po' cresciuto, sparisce.
Se i “vecchi” cartoni animati hanno ancora un significato per chi li ha visti da piccolo, quelli nuovi appaiono terribilmente uniformi: per stile, con le linee spigolose, nere e spesse, i colori sgargianti e le colonne sonore martellanti; e anche per contenuti: in genere si tratta di supereroi di vario tipo, spesso supereroi-ragazzini, che combattono i cattivi di turno e danno sfoggio di “durezza” anche con i loro sguardi sempre corrucciati.
Quando invece abbiamo serie televisive con protagonisti umani, si tratta perlopiù di ragazzine che sembrano scambiare i corridoi della loro scuola per una passerella su cui sfoggiare mises abbastanza improbabili – quando quegli stessi corridoi non diventano invece un palcoscenico su cui cantare e ballare la hit del momento.
Se fortunatamente il ragazzino che capita su questi canali non viene sottoposto a un bombardamento pubblicitario eccessivo, certamente vi si trova un po' abbandonato: i palinsesti sono generalmente concepiti come un flusso unico di programmi della durata di mezz'ora, che si susseguono senza soluzione di continuità. E soprattutto senza un intervento umano, senza nemmeno la cornice data da un “contenitore” come quelli a cui era abituato – da piccolo – chi ora ha un po' più di vent'anni: i vecchi Bim Bum Bam, Big!, e compagnia ci regalavano una presenza umana (o in forma di pupazzo), comunque qualcuno che ci parlava, che legava i diversi momenti del pomeriggio e che, importante, a una certa ora ci salutava e ci dava l'appuntamento al giorno dopo.
Avevamo uno spazio definito e strutturato, con le sigle cantate dalla rassicurante Cristina D'Avena (che in questi giorni festeggia tra l'altro i venticinque anni di carriera), con momenti fissi, giochi e una certa interazione da casa.
Era una televisione non priva di pecche, che certamente ha allevato una delle prime generazioni di bambini teledipendenti e martellati di pubblicità; ma che tutto sommato ancora conservava la consapevolezza che un bambino stava guardando, che era necessario inventarsi cose nuove per tenerne alta l'attenzione, che bisognava mantenere un minimo di scambio, che servivano delle figure-guida reali e rassicuranti per accompagnarlo tra un programma e l'altro.
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