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AL QUIRINALE LA TURCHIA E I SUOI 7000 ANNI DI STORIA
Il Palazzo del Quirinale apre le porte alla mostra “Turchia: 7000 anni di storia”, che ripercorre le fasi principali delle civiltà che si sono succedute sul territorio anatolico dal lontano Neolitico (fine dell’VIII millennio a.C.) ai fasti della corte imperiale. Fino al 31 marzo 2007.

Claudia Pecoraro

La mostra, comprensibilmente a ingresso gratuito data l’esiguità di numero delle opere esposte – tutte provenienti dai quattro più importanti musei turchi – intende sancire gli stretti rapporti tra Italia e Turchia in occasione del 150° anniversario dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e in un momento in cui il dibattito sull’entrata della Turchia in Europa è quanto mai vivo.

Si comincia con i reperti dall’insediamento urbano di Çatal Höyük, la più antica e più grande città di età neolitica mai ritrovata, e quindi con un momento cruciale non solo per la storia dell’Anatolia ma di tutta l’umanità: l’avvento dell’agricoltura.

Gli uomini della piana di Konya, al termine di millenni di esperimenti faticosi, riescono a selezionare semi e piante ed a perfezionare le loro tecniche. Da cacciatori e raccoglitori diventano allevatori e contadini.

Addomesticano gli animali, arano e seminano i campi e costruiscono i primi villaggi. E da qui nasce un nuovo rapporto tra uomo e ambiente, tra uomo e uomo, tra uomo e potere, tra uomo e sacro, tra uomo e “arte”.
Si diffondono i culti legati all’agricoltura e compaiono le prime statuette di dee madri, che evidenziano gli attributi della fecondità, identificabili con la Madre Terra. Le venereranno tutti i popoli tra i quali prestissimo questa nuova civiltà comincerà a diffondersi. Ed ecco le prime civiltà della futura Europa entrare in una fase nuova del proprio sviluppo.

Da allora, le scoperte e le conquiste culturali di cui le terre anatoliche sono state il teatro hanno spesso influenzato profondamente la civiltà occidentale. Basti pensare agli incontri fecondi con le civiltà classiche, in particolare quella greca, che hanno incentivato il progresso della filosofia, delle scienze e delle arti, aprendo alla mente umana nuovi orizzonti fino ad allora inesplorati.

Attraverso i secoli e le varie aree geografiche della Turchia, la mostra passa in rassegna lo straordinario sviluppo dell’età del Bronzo (3000-1200 a.C.), caratterizzato da forme di vita ed economia sempre più evolute, legate ad un’attività industriale basata sullo sfruttamento e sulla lavorazione dei metalli. A quest’epoca risale la seconda fase della famosa città di Troia, quella in cui fu rinvenuto il cosiddetto “tesoro di Priamo”.

Poi è la volta dell’età della scrittura, strumento senza eguali, che si affaccia proprio sulle coste dell’Anatolia nel periodo delle prime colonie assire (1950-1750 a.C.), i cui commercianti trasmetteranno la tecnica agli Ittiti, nuovi egemoni del territorio anatolico, che redigeranno i loro numerosissimi documenti su tavolette d’argilla in scrittura cuneiforme e in lingua indoeuropea.

Questa fase cruciale, nella mostra, è rappresentata da più di un esemplare, tra cui il trattato in terracotta fra il re degli Ittiti Suppiluliuma I e Hukkana principe di Haisa, in cui i due si rinnovano stima reciproca, in vista delle prossime nozze tra la sorella del re e il principe. Purtroppo, nell’esposizione, accanto alla tavoletta sono citati solo provenienza, materiale e datazione, per cui non si apprende nulla su cosa rappresenta l’oggetto (sarebbe stata interessante la sua traduzione, o quanto meno un riassunto di ciò che vi è scritto), che agli occhi dei visitatori rimane un pezzo di argilla inanimato pieno di scarabocchi incomprensibili.

La stessa formula si ripete per tutti i pezzi in mostra, di cui si può solo ammirare la straordinaria bellezza, ma che non trasmettono nessun altro tipo di informazione.




  
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