Venire a contatto con dei testi come Tartufo è un’esperienza straordinaria. Non a caso opere teatrali come questa prendono il nome di classici, perché perpetuano temi e zone d’ombra che non potranno mai essere risolte dalla condizione dell’umana esistenza. Ho scritto opere teatrali perché, anche se è vero che il testo può essere goduto nel valore della sua scrittura, la rappresentazione di questa commedia sublima del teatro la sua prioritaria essenza: l’attore.
E’, infatti, attraverso l’interazione dei vari caratteri sulla scena, i loro tratti fisici, la loro gestualità, che la rappresentazione sprigiona i pregi e, soprattutto, i difetti dell’animo umano, che la sapiente mano di Molière ha saputo rendere come paradigmi, quasi degli archetipi. Non a caso Goethe scriveva di lui: “Molière è tanto grande che ci sorprende sempre, ogni volta che lo leggiamo. E’ un uomo a parte: i suoi lavori sfiorano il tragico, e nessuno ha il coraggio di tentare d’imitarlo”.
Come dicevamo, per far sì che tutto questo prendesse vita sul palcoscenico Molière, da attore quale era, ha scritto il testo pensando agli attori che l’avrebbero poi rappresentato. Questa volta il testimone l’ha raccolto uno dei più bravi attori italiani, nonché regista di questa messa in scena. Carlo Cecchi e la sua compagnia danno vita ad un intenso Tartufo, dove le notevoli doti attoriali degli interpreti si manifestano evidenti. Oltre al grande interprete di origini fiorentine, nei panni di Orgone, una citazione di merito va a Valerio Binasco, nei panni di Tartufo, ed a Licia Maglietta, Elmira la moglie di Orgone, e Iaia Forte, quest’ultima bravissima nella parte di Dorina.
La trama è nota: Tartufo, un poveraccio raccolto dalla strada da Orgone, viene ospitato nella casa dove quest’ultimo abita con moglie e figli. Pian piano, con l’arte dell’affabulazione e sapendo approfittare dell’accecante fede cattolica della famiglia, Tartufo riesce a far breccia nel cuore del padrone di casa, per il quale diventa quasi un santo. In realtà l’uomo è mosso da ben altre intenzioni, ma Orgone se ne accorgerà, con l’aiuto dei familiari e della servitù, quando ormai sembra essere troppo tardi. La dipendenza di Orgone nei confronti di Tartufo è incondizionata e viene resa quasi subliminalmente da un’efficace idea attoriale.
Cecchi recita tutto il tempo con una strascicata voce nasale che sembra ricalcare quella di Binasco, nei panni appunto di Tartufo, evidenziando in questo modo la subdola simbiosi tra i due. Commedia dell’ipocrisia, ma anche dell’arrivismo e dell’opportunismo. Una commedia, appunto, anche se come più di qualcuno ha fatto notare il testo raggiunge il dramma ripetutamente, ed il riso viene sempre soffocato da una costante riflessione sulle oscurità dell’animo umano.
Luogo Teatro Valle, Via del teatro Valle 21, Roma
Quando dall’13 Marzo al 1 Aprile, ore 21
Info 0668803794
Amare l'arte è benessere
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