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BOBBY
REGIA: Emilio Estevez
INTERPRETI: Robert F Kennedy, Emilio Estevez, Lawrence Fishbaurne, Anthony Hopkins, Helen Hunt, Elijah Wood, Sharon Stone, William H. Macy
USA 2006
DURATA: 120’
GENERE: Drammatico
VOTO:8
DATA DI USCITA: 19 Gennaio 2007

Andrea Boretti

Hotel Ambassador, 5 Giugno 1968. Questo film narra le ultime ore della vita di Robert Kennedy alle prese con la campagna elettorale alla presidenza degli Stati Uniti, il tutto attraverso gli occhi dei residenti dell’Hotel e di chi ci lavorava in quei fatidici giorni.

Riflettere, Imparare, Reagire. Queste le parole che mi suscita la visione del film di Emilio Estevez. Ma andiamo con ordine.

Riflettere. Il 1968 è stato un anno di grandi scontri sociali, sia in America che in Europa, di grandi rivolte e di grandi conquiste sociali e civili. Ognuna di queste conquiste ha avuto sicuramente un prezzo e il più alto è stato probabilmente l’assassinio di Robert Francis Kennedy, fratello del più amato presidente americano. Robert Kennedy, o Bobby, come lo chiamavano gli amici, si era fatto in quegli anni portavoce di una politica nuova, una politica di conciliazione, di carità, di non-violenza.

Bobby voleva fare degli Stati Uniti la guida del nostro pianeta, ma voleva che fosse una guida giusta, capace di migliorare il pianeta stesso e la società in cui viviamo. Poi venne il 5 Giugno, Bobby fu ucciso, Nixon l’anno seguente vinse le elezioni e la storia si sviluppò come tutti la conosciamo, con gli snodi puliti e sporchi, fino ad arrivare alla “guerra preventiva”. Lungi da noi pensare che oggi tutto sarebbe più bello e spensierato, ma sicuramente in quei giorni del 1968, il genere umano perse una grande occasione, portare un uomo giusto alla guida della più grande potenza economica e militare del pianeta. Non è più successo che qualcuno facesse i discorsi di RFK, neanche vagamente.

Imparare. O meglio, imparare da Emilio Estevez, vero plusvalore del film. Imparare come parlare della storia di oggi raccontando quella di ieri, ovvero, in questo caso, attraverso i discorsi di Kennedy che stridono terribilmente con la realtà odierna. Imparare come raccontare gli ultimi momenti della vita di un personaggio, senza che questo sia fisicamente interpretato da alcun attore, farlo cioè attraverso gli occhi di coloro che inconsapevolmente gli saranno vicini negli ultimi attimi di vita. Un personaggio, quindi, fisicamente assente ma sempre presente dall’inizio alla fine del film per mezzo della televisione. Una sorta di guida spirituale mediatica, quindi, che per la pellicola è come, e anche di più, di un attore in carne e ossa come abbiamo voluto sottolineare inserendo RFK tra gli interpreti.

Reagire. Questo è il desiderio, l’istinto primario che nasce e si sviluppa appena fuori dalla sala, la volontà di raccogliere questa sorta di testamento Kennediano scritto per mano di Estevez. La speranza è che se non saremo noi qualcuno lo faccia, prima o poi.

Attualità, storia, una grande sceneggiatura e un’ottima regia, questo è Bobby. Molti parleranno del supercast, ricordando la presenza di Sharon Stone o quella di Hopkins, ma la verità è che sono Kennedy ed Estevez a sconvolgere emotivamente.

E lo fanno non tanto con l’atto terribile e sanguinoso dell’omicidio o per la regia che mischia mille punti di vista, ma rendendoci partecipi della delusione di un cambiamento mancato, per la sensazione di cocente impotenza in cui quell’atto, tanto brutale quanto calcolato, ci lascia. Diceva bene Dwayne (Nick Cannon) affermando che “dopo la morte del Dottor King è rimasto solo Bobby”…..ora neanche lui...



(23/01/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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