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Se da un lato ci preme parlare di questo film per il fatto che è diretto da un regista italiano, l’entusiasmo va subito ridimensionato per il fatto che, sebbene stia andando molto bene negli USA con oltre 130 milioni di dollari di incasso parziale, i meriti vanno principalmente alla prestazione eccellente dell’attore protagonista, Will Smith padre tanto nella finzione che nella realtà (l’attore che interpreta suo figlio è tale anche nella vita) onnipresente e sempre bravo nel restituire la maschera di caparbietà che ha permesso al vero Chris Gardner di fare quello che ha poi fatto realmente con successo negli anni.

Gabriele Muccino ha aderito in pieno alla linea hollywoodiana nella realizzazione di questo film, la sua è di fatto una regia in tutto e per tutto simile a quella dei tanti bravissimi signor nessuno, filmmaker di professione legati a direttive produttive ben precise, che si adeguano a degli standard di rappresentazione narrativa una volta emigrati sul suolo statunitense, quando con l’invidia di tutti gli altri si entra a far parte dell’ingranaggio perfettamente oliato degli Studios.

Ciò implica innanzitutto la rinuncia, da parte di Muccino, di quello stile sincopato e virtuosistico della steadycam così come lo aveva contraddistinto, adoperandolo in maniera preponderante, durante la sua tetralogia italiana (Ecco fatto, Come te nessuno mai, L’ultimo bacio, Ricordati di me), quando in coppia col produttore Domenico Procacci ha di fatto reinventato la commedia generazionale nostrana prima di espatriare ad Hollywood e lasciarci pieni di emuli e di epigoni in tal senso (Ora o mai più, Mai più come prima, Che ne sarà di noi, Tre metri sopra il cielo, Notte prima degli esami, Ma che ci faccio qui, ecc…).

Muccino sarà ricordato anche per questo: per essere stato il primo italiano nella storia del nostro cinema ad essere stato assorbito dallo Studio System; e non è un caso che questa lieta favola succeda quando in Italia il cinema ha smesso di esalare il suo ultimo respiro naturale, mantenuto in vita da un marchingegno artificioso e assistenzialista come è quello dei soli finanziamenti pubblici, per giunta di poche centinaia di migliaia di euro.

Dunque: complimenti vivissimi a (Gabriele) Muccino...e, per quanto riguarda il resto, un’esortazione a porre fine a questo ipocrita e improduttivo, nonché economicamente dannoso, “accanimento terapeutico” nei confronti del nostro cinema, specialmente se tutto ciò significa trattare gli esordienti come carne da macello.



(15/01/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

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