“Se organizzassimo un campionato di fantaboxe culturale, schierando sul ring i libri contro il meglio che qualunque altra forma d’arte abbia da offrire, sulla distanza di quindici riprese… be’, i libri vincerebbero praticamente sempre”.
È questo il presupposto da cui parte l’ultimo libro di Nick Hornby, l’autore di Alta Fedeltà, Febbre a 90°, Non buttiamoci giù e di molti altri bestsellers degli ultimi anni: un approccio entusiasta verso i libri e la lettura. Ma anche un approccio più emotivo che analitico e ragionato, ovvero una disposizione mentale che non si preoccupa affatto né dei libri interrotti per noia, né dei volumi comprati e mai letti, né del tempo che alla lettura sottraggono le questioni della vita di ogni giorno (dai figli che richiedono attenzioni, alle imperdibili partite di calcio dell’Arsenal).
I tanti tic della passione letteraria che accomunano sia uno scrittore stimato e di successo come Hornby, sia noi che al confronto non siamo che dei “lettori della domenica”, e un po’ invidiamo la possibilità che il romanziere inglese ha di dedicarsi quasi full-time alla lettura e alle recensioni.
Una vita da lettore riprende un po’ quei principi della Carta dei diritti del lettore che stese anni fa Daniel Pennac nel suo Come un romanzo. Ma Una vita da lettore è anche un viaggio puntuale e appassionante attraverso i libri che Hornby ha realmente acquistato, e in parte letto, dal settembre 2003 al giugno 2006: materiale che gli sarebbe servito per tenere una rubrica di recensioni letterarie sul Believer, una rivista culturale americana che ha la particolarità di non ammettere stroncature.
E infatti di stroncature, in questa girandola di impressioni e commenti su libri dei generi più svariati, non ce ne sono: se un libro annoia, o irrita, o sembra inverosimile e pesante, si può tranquillamente interrompere e metter via, per passare a letture più gradite.
Ed ecco che Hornby ci parla soprattutto – come già accadeva con la musica in Alta Fedeltà e del calcio in Febbre a 90° – delle emozioni e delle sensazioni che accompagnano la lettura, descrivendoci un libro in poche righe, vivide e ironiche, facendo sembrare le sue “recensioni” esattamente quello che vorremmo sentire da un amico quando gli chiediamo “hai letto niente di interessante recentemente?”.
Il fatto che la maggior parte dei libri citati sia pressoché sconosciuta al lettore italiano, trattandosi di titoli nemmeno tradotti nel nostro Paese, è effettivamente un aspetto che può rendere la lettura a tratti poco interessante: ma del resto, sia Hornby che Pennac hanno ampiamente sdoganato il “diritto a saltare le pagine”, e possiamo farlo anche noi senza perdere il filo.
Ma anche quando parla di testi e autori che non conosciamo, la scrittura di Hornby rimane fresca, piacevole e sempre in grado di mettere a fuoco quali sono i comportamenti, i problemi e le gioie che accomunano i lettori di tutto il mondo.
Perché “i libri, ammettiamolo, sono meglio di qualunque altra cosa”, e leggere un libro sui libri scritto da Hornby è uno dei modi migliori che abbiamo per impiegare il tempo.
Amare l'arte è benessere
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