Maria Antonietta viene promessa sposa al futuro re di Francia ed è costretta a trasferirsi a Parigi dall’Austria. Qui, oltre alla diffidenza del popolo francese, troverà anche un marito poco incline all’intimità. Sola ma non abbattuta, vivrà la sua adolescenza nel mondo ovattato della nobiltà e tra feste ed eccessi perderà la stima del popolo.
Una donna sola davanti all’immensità della vita, di un popolo, di una nazione intera con gli occhi sempre puntati su di lei; quando sale sulla carrozza che la porterà in territorio francese la madre la ammonisce che in Francia tutti staranno attenti al suo comportamento e che, per diventare regina, non potrà sbagliare: sempre gentile, mai un malumore, sempre paziente.
Questo è il prezzo da pagare per un matrimonio combinato che decreti l’alleanza tra Francia ed Austria. A Maria Antonietta (Kristen Dunst) del suo sposo le interessa ben poco. Neppure lo conosce ed è incredibilmente giovane, ancora legata ad un mondo di fronzoli e merletti, come del resto anche lo sposo stesso.
E quando lo conoscerà, il suo sposo, non sarà poi diverso. Ma lei adempirà il suo compito di moglie: seppure non sempre in modo diligente e pur non amandolo, gli rimarrà accanto anche allo scoppio della Rivoluzione.
Sofia Coppola (di cui vale la pena citare “Il giardino delle vergini suicide” in cui aveva lavorato proprio la Dunst e “Lost in traslation”) inserisce un elemento che distingue ogni sua pellicola: la delicatezza. Ogni inquadratura, appare come patinata.
Come quando il sole sta sorgendo e il mondo è ancora parzialmente avvolto nel buio: la luce tiepida dell’alba non illumina le vicende in modo netto ed il confine tra giusto e biasimabile resta sempre sfumato.
La pazienza della giovane regina viene messa duramente alla prova: un marito che rappresenta solo un titolo nobiliare, la lontananza dalla famiglia, la solitudine, le maldicenze di corte.
E lei è estrosa pur mantenendo fede alle etichette: così, benché si conceda ad un soldato dalla dubbia fama e si ubriachi e disperda le proprie ricchezze, non si riesce a biasimarla apertamente.
Sarà merito della regia intimista della Coppola, sarà merito di un certo modo tutto femminile di mostrare gli eventi (certe sfumature nelle emozioni di una donna può sottolinearle solo un’altra donna), sarà merito della fotografia sempre leggera e celestiale tipica dei film della suddetta regista, tant’è che Maria Antonietta viene presa in simpatia e nonostante la storia ci racconti di una regina poco attenta ai bisogni del popolo – tanto che i dissapori qui accennati sfoceranno poi nella rivoluzione francese -, in Marie Antoinette assistiamo alla crescita sia della regina che della donna.
Uno sguardo sulle difficoltà e le incertezze di una giovane donna, di una giovane moglie che vuole compiacere il marito, sua madre ed il suo popolo. La difficoltà ed il prezzo della libertà.
La ricerca dell’amore, quello vero: un uomo che la salvi dalle apparenze, da un marito fantoccio, dal sesso visto solo come atto procreativo. Un uomo, un soldato, che - da uomo - la scopra donna e non solo regina. Quello che accade, sembra sfiorare appena lo schermo, con insolita delicatezza.
Il desiderio di vedere l’alba, correre ubriaca per i campi, rimanere sveglia nella notte e piangere davanti alla propria immagine nello specchio: in un film sulla storia di Maria Antonietta, questi dettagli, hanno ben poco senso. Ma, come diamanti attorno al collo, fanno la differenza tra il “solito film” ed un film di Sofia Coppola.
Amare l'arte è benessere
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