Personaggio affascinante e ambiguo, sensuale ed enigmatico, quinta essenza della poetica dannunziana, secondo cui bisogna fare della propria vita un’opera d’arte, Tamara De Lempicka incarna perfettamente lo spirito della sua epoca. Siamo agli inizi del Novecento, quel periodo in cui le arti si incontrano ed esplodono, l’una nutrendosi dell’altra.
Musica, pittura, danza, letteratura non hanno confini propri e investono la vita reale, la quotidianità, che viene stravolta e fatta rinascere in differenti forme. L’esistenza diventa soggetto e oggetto al tempo stesso dell’arte: va immaginata, plasmata e raccontata.
E proprio così inizia la vita della Lempicka, come un racconto di cui esistono più inizi e più identità, in cui l’enigma fa parte della storia. Non si conosce,infatti, la città in cui è nata, forse Varsavia, forse Mosca o San Pietroburgo; non si conosce la data esatta dell’anno della sua nascita, forse 1902 o forse 1898.
Si sa, però, che la madre, Mavina Decler, è una polacca di origini francesi e che suo padre, come nella storia delle meglio riuscite eroine di romanzi, è un ricco commerciante russo – ebreo. Tamara trascorre i primi anni della sua vita a San Pietroburgo, sposando a soli 18 anni (o forse 14?) l’avvocato Tadeusz Lempicki, conosciuto durante una festa in maschera.
La famiglia Lempicki è costretta a partire per l’Europa e nel 1918 Tamara si ritrova a Parigi a vendere i suoi gioielli per mangiare. Ed è qui che la Lempicka comincia a dipingere per necessità.
La sua prima esposizione parigina è del 1922 al Salon d’Automne. L’anno successivo esporrà anche al Salon des Indépendants. Ma non è Parigi la città che farà della Lempicka un’artista della sua epoca, bensì Milano, che ancora oggi fino al 14 gennaio le dedica una mostra a Palazzo Reale.
Nella capitale lombarda Tamara ci arriva attraverso Filippo Tommaso Martinetti, conosciuto a Parigi, che la presenta al conte Emanuele Castelbarco, allora direttore della Bottega della poesia, in cui nel novembre del 1925 l’artista tiene una personale.
Da questo momento inizia il periodo d’oro della pittrice. Tamara, perfettamente inserita nell’élite culturale e mondana europea, riesce a diventare icona della donna dell’epoca, della donna futurista, che ha in sé femminilità e al tempo stesso virilità, ovvero forza.
I suo dipinti raffigurano un universo femminile inarrivabile, che ha in sé la morbidezza della donna rinascimentale, l’eleganza e l’emancipazione della donna dei salotti parigini dell’epoca e una forza virile e plastica.
La Lempicka riesce a coniugare alla perfezione “la sintesi di forma e colore del Rinascimento italiano, e la immediatezza delle immagini pubblicitarie dell’epoca Dèco”. Il suo background culturale va da Pontormo ai contemporanei Casorati,Oppi e Donghi. Tra sensualità e classicismo rende lo stile italiano suo modello ispiratore, e ne diventa interprete internazionale.
La sua arte coniuga gusto, avanguardia, spudoratezza e trasgressione, diventando costume, tendenza, modello di vita da imitare. I suoi dipinti spesso sembrano ritratti fotografici, hanno la stessa plasticità e “dimensionalità” di uno scatto.
La sua influenza va oltre e così come Oscar Wilde e GabrieleD’Annunzio, di cui era “intima amica”, tra le sue opere più grandi vi è la sua stessa vita.
La mostra di Milano, curata da Gioia Mori, vuole sottolineare il ruolo della Lempicka in qualità di pittrice cosmopolita e icona dell’Art Déco; in particolare mette l’accento sulla sua funzione di modello di stile, sulla sua capacità di essere al centro delle tendenze di costume.
La retrospettiva mette in luce l’eccentricità e la forza travolgente, che la sua personalità emanava e attraverso cui ha plasmato il gusto di uno dei momenti più”folli” e creativi del Novecento, lanciando nell’immaginario collettivo un modello di donna nuovo, una femminilità esplosiva, ambigua, bisessuale, al di là di ruoli e schemi.
Gioia Mori ha ritenuto essenziale dare una chiara idea anche del contesto culturale in cui visse e si formò la Lempicka, per questo la retrospettiva è funzionalmente suddivisa in 12 periodi tematici, cha vanno dal trasferimento dell’artista da San Pietroburgo a Parigi, passando attraverso l’”incontro” con l’arte classica italiana fino a Ingres, raccontandoci dei sui legami con Castelbarco e D’Annunzio, fino ad arrivare al suo atelier parigino di Rue Mechain e all’ultima sezione intitolata “La Regina del bizzarro”.
Giusto epiteto per questa eccentrica polacca, che alla sua morte, avvenuta nel 1980, fece spargere le sue ceneri nel vulcano Popocatepetl in Messico, dove si trasferì nei suoi ultimi anni di vita.
Tra i capolavori in mostra, anche alcuni famosi ritratti e nudi che la portarono al grande successo che la accompagnò per quasi tutta la sua vita tra cui: La tunique rose (1927), Le reve(1927), La belle Rafaela en vert (1927), Jeune fille aux gants (1930), la musicienne (1929), Portrait de Mademoiselle Poum Rachou (1934).
Info
Dal 5 ottobre 2006 al 14 gennaio 2007
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, 20122 Milano
Tel. 02 54919
Orari apertura
Lunedì chiuso
Martedì – Domenica ore 9.30 – 19.30
Giovedì ore 9.30 – 22.30
Biglietti
Intero 9 euro
Ridotto 7,50 euro
Amare l'arte è benessere
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