Finita la pausa estiva, in cui il povero telespettatore s’è trovato abbandonato a se stesso, alla sdraio invece del vecchio divano, al ghiacciolo invece del chilo di cioccolata e patatine consumato in modo bulimico davanti allo schermo, la sensazione è quella di una stagione che parte stanca.
Affonda, intanto, il nuovo reality di Nostra Signora Maria De Filippi: Unanimus. Troppo allettante il premio, troppo difficile convincere qualcuno che ci sia qualcosa che vale più del premio, troppe lacrime, troppo deboli i concorrenti. Parte in ritardo – già di qualche mese - l’atteso programma di Santoro. Sarà per eccesso di materiale o per carenza di convinzione sul materiale a disposizione?
Si ricomincia anche con le fiction: moltissime quelle ‘storiche’ (Joe Petrosino, Lo sbarco dei Mille), molte anche legate all’attualità (ancora Giovanni Falcone, poi Nassiriya). Qualche vecchia serie che continua (Lo zio d’America, Il maresciallo Rocca) e qualche novità (Caravaggio, Assunta Spina, La Contessa di Castiglione). Il tema religioso rinverdisce anche se i papi, i santi e i cattivi sono gli stessi (Il sorriso di Dio, L’inchiesta).
Tornano poi il Grande Fratello e l'Isola dei Famosi, più altri reality ambientati nelle più remote e brulle zone del pianeta. A quando l’Alaska? L’idea di una sopravvivenza negli igloo non è male e se il pubblico non dovesse gradire e restasse un po’ “freddino” lo si potrebbe attribuire alle temperature polari!
La sensazione generale, comunque, è quella di assistere a palinsesti riciclati, vecchi di almeno quattro anni, con qualche aggiustamento ma sempre in discesa. Perché chi resta fermo torna indietro e soprattutto in televisione l’adeguamento a degli standard, l’assuefazione a risultati raggiunti, non giova alla qualità del prodotto. Magari bastasse cambiare i conduttori per dire che si fa un programma nuovo (vedi il caso Domenica In)!
Quello che va ripensato è la scelta di autori e produttori, di persone capaci, di collaboratori che facciano con animo il proprio lavoro, di consulenti che si possano rendere utili perché sono davvero specializzati in qualche settore, su qualche argomento. Invece la tv soffre all’esterno perché sta male dentro, perché implode ogni anno che passa e, come il resto delle questioni italiane si conforma a una mediocrazia che non fa bene a nessuno: ai giovani che perdono ogni istante fiducia in se stessi e nel senso delle proprie capacità, ai “talentuosi” che non sanno più a cosa serva il proprio talento, alla vita culturale di questo Paese che sogna a mala pena di apparire e non ha nulla da mostrare veramente.
I programmi preserali sono ormai al limite del gioco d’azzardo, e confermano comunque l’idea che il caso è tutto e i sogni si realizzano solo a colpi di fortuna. Le prime serate sono un enorme buco della serratura così grande che non se ne vedono più i contorni e in cui diminuisce pian piano la voglia di sbirciare.
Resta qualche telefilm d’oltreoceano in cui cambiano gli attori ma i crimini sono sempre gli stessi e i dibattiti politici (?) prima di mezzanotte. Avete notato che anche i telegiornali si stanno riducendo a rotocalchi gossip? Le notizie ‘serie’ passano veloci, sono poco chiare e incomplete, quelle più leggere (tra sagre, fidanzamenti vippaioli, nuovi modelli automobilistici e rimedi per i chili di troppo) prendono piede, si fanno largo.
Se non si corre ai ripari offrendo almeno qualche piccola alternativa la fantasia, la riflessione, la fiducia nei mezzi di comunicazione si assottiglierà sempre di più. E a chi vaga moribondo in poltrona non resterà che aprire qualche libro o buttarsi in un cinema a vedere qualcosa di bello.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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