Saetta McQueen è un’auto da corsa che corre nella Piston Cup: ha la possibilità di essere il primo esordiente a vincerla; ma prima deve affrontare una corsa a tre, una sorta di play off, fissata in California. Saetta è un vanaglorioso egocentrico senza amici che prima di qualsiasi affermazione nella vita professionale dovrà imparare a farsi voler bene per meritare il rispetto altrui.
La sorte vuole che, mentre è sull’autostrada alla volta della California, incappi lungo la mitica e ormai dimenticata Route 66 nella contea di Carburator, e precisamente a Radiator Springs, una di quelle tante cittadine di provincia che costellano il paesaggio mozzafiato degli immensi spazi americani. Qui conoscerà una porzione di umanità a dir poco esemplare per eccentricità e difetti, per semplicità e qualità tutt’altro che scontate in questi tempi in cui tutti vanno di fretta come fossero, appunto, auto da corsa e non hanno più il tempo di ripensare ai sempiterni valori della riflessione, dell’amicizia sincera e della bontà d’animo.
Il film Disney-Pixar è dedicato alla memoria di Joe Ranft, scomparso all’età di 45 anni nell’estate del 2005, a causa proprio di un incidente d’auto; proprio lui – così ha voluto il Destino – che ha scritto questo Cars, probabilmente il più bel film d’animazione che abbiano mai realizzato allo Studio Pixar: lungo oltre la media per essere un film d’animazione destinato principalmente alle fasce d’età più basse. Joe Ranft non è conosciuto ai più, ma praticamente è uno dei principali responsabili dell’ideazione dei più grandi successi animati degli anni Novanta.
Ha collaborato e contribuito a creare e stendere i soggetti de La bella e la Bestia, de Il Re Leone, di Toy Story e di A Bug’s Life. Senza annoverare le altre mansioni legate più prettamente all’animazione, svolte per film come Chi ha incastrato Roger Rabbit?, The Nightmare Before Christmas, James e la pesca gigante e Monsters & Co.
Tutti titoli che hanno segnato l’evoluzione di un genere che oggi spesso aiuta a risollevare le casse di molte case di produzione statunitensi che con molti film cosiddetti live action di dubbio valore, di fatto, vanno in perdita.
Cars ha il suo cuore pulsante non nell’intreccio che è abbastanza lineare, né meglio né peggio di tanti altri successi Pixar – in questo senso la trama meglio congeniata senza dubbio in tutti questi anni è quella de Gli Incredibili – bensì nelle atmosfere: queste sì che sono veramente difficili da impiantare in un film che di realistico non ha proprio nulla.
Per atmosfere si intende tutto un ventaglio di suggestioni visive che creano un ponte tra le esperienze sicuramente vissute dallo spettatore e le emozioni che il film cerca di comunicare, servendosi anche di stereotipi, ma soprattutto di immagini silenziose e lunghe, ricche di colori e sfumature, quasi a voler contrappuntare nettamente le tonanti e variopinte corse a cui partecipa Saetta Mcqueen.
E questo andamento – veloce nella prima e terza parte, lento e riflessivo nell’abbondante seconda – permette al film di arricchirsi di sensazioni nostalgiche per tutto un mondo che per la prima volta un film di animazione statunitense sceglie come teatro degli eventi, ossia la Provincia americana, le sue caratteristiche inconfondibili e i suoi drammi, un microcosmo estremamente realistico se non addirittura reale o attuale.
Tanto verosimile da rendere Cars un film percorso da venature da dramma sociale: la costruzione dell’autostrada 40 ha di fatto cancellato dalla rotta delle vetture il paesino Radiator Springs – come dire: un nome inventato a rappresentanza di tanti realmente esistenti – situato lungo la Route 66, la quale aveva come merito principale, a differenza dell’autostrada, quello di seguire l’andamento del paesaggio, curva dopo curva, dosso dopo dosso, canyon dopo canyon.
Ecco il viatico per infondere nel film tutta una gamma di sensazioni nostalgiche, ed ecco le atmosfere di cui sopra, che ci permettono di collocare Cars un gradino più in alto rispetto agli altri film di animazione. Se Shrek della DreamWorks ha rivoluzionato il genere con il fattore “umorismo per adulti”, questo Cars grazie al suo contesto convincente che influenza trama e tratteggio caratteriale dei personaggi potrebbe fare da battistrada e introdurre un nuovo fattore su cui investire nei film animati futuri, ovvero il fattore “denuncia sociale”.
Amare l'arte è benessere
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