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SEDICI BOZZETTI PER UNA LOCANDINA. ESPONE MARCO FANTINI
Restano tre giorni per visitarla. È l’esposizione di Marco Fantini. Sedici bozzetti surreali, per la locandina di uno spettacolo ancor più surreale. Nello spazio espositivo del teatro India di Roma, fino a domenica 26 marzo.

Claudia Bruno

Non è la prima volta che Marco Fantini espone in corrispondenza di uno spettacolo teatrale. A quanto pare l’artista vicentino, da alcuni anni a Milano per vita e professione, è un amante degli incontri. Incontri di linguaggi apparentemente distanti, che si provocano bene negli stessi luoghi simbolici.

Questa volta, l’esposizione è dedicata allo spettacolo in scena all’India fino al 26 marzo, e che subito dopo inizierà una tournée nel Lazio. Una commedia pirandelliana rispolverata magistralmente dal siculo Vincenzo Pirrotta, pronto a portarla in giro per l’Italia da ottobre 2006. La sagra del signore della nave.

“Sono molto felice di avere l’occasione di sfiorare col mio lavoro quella che credo sia una messa in scena di grande forza espressiva”, afferma l’artista che forse ha trovato in Pirrotta la traduzione teatrale della sua iconografia di base. Questi simboli anticamente nuovi perché diversi se tirati fuori da ogni contesto, hanno costituito così un luogo di scambio epifanico tra le due arti.

La croce. L’uomo dalla fisicità essenziale. La bestia decapitata. Il miracolo e l’affondamento della nave. Il sangue. I corpi svuotati di sostanza. Tutte immagini che tornano, o partono, dai sedici bozzetti che Fantini ha preparato per allestire il manifesto dello spettacolo. Un manifesto, che avrebbe dovuto sporcare lo spettatore già da subito.

“Mi sono ritrovato a generare una sequenza di lavori bell’e finiti, tutti a mio giudizio validi come soluzione finale” dice Fantini, che non si definisce un tipo da bozzetti. Infatti, le sedici tavole presenti nello spazio espositivo, appese a muri spessi e bianchi sono pezzi a sé stanti. Non percorso in preparazione di uno stadio finale e più avanzato, ma ognuna un ambiente. Ognuna un incubo. Piatto. Bidimensionale. Crudele.

Sono disegni di colori e bianconeri. Di collages e visioni irrazionalmente reali. Così la testa mutilata del maiale, che domina una fila di abiti svuotati del corpo e appesi con delle grucce che sembrano ganci da macello. Così la casetta bianca sullo sfondo nero. Il gruppetto di danzatori, pennellate bianche. Il maialino d’oro. La croce nera. Il vascello con la vela. Le scritte dritte e a rovescio. I porci con la faccia da uomo, gli umani con la faccia da porco.

Per realizzare questi disegni l’artista non ha fatto altro che lasciarsi trasportare dall’ombra delle sensazioni ricavate da un’unica ma fecondissima visita alle prove. Dimostrazione, questa, che l’arte è metalinguistica. Si autoalimenta e può parlare di sé stessa attraverso sé stessa.

Soltanto ora, consapevoli, possiamo lasciarci cullare dal dialogo inquietante tra scena e visione, maschera e icona.



Dove:
Teatro India – spazio espositivo
Lungotevere dei Papareschi
00146 – Roma
info 06 684000361
Ingresso libero mostra



(24/03/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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