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UN FESTIVAL 'NORMALE' SUL PALCO DELL'ARISTON. E' DELUSIONE
Quest'anno nessuna scossa sollecita la curiosità di un pubblico sempre più assuefatto alla sorpresa.

Daniela Mazzoli

Ormai il Festival lo si guarda solo in un modo: facendo zapping mentre si cena e si scambiano due chiacchiere a fine giornata. Lo si vede a pezzi, cinque minuti per ora: totale 15 minuti. Se si e' fortunati si riesce ad ascoltare una bella canzone, a notare il bel vestito di una delle modelle, a fare un commento sull'ottima abbronzatura del presentatore.

La scenografia è cambiata… una scelta dello storico Castelli? No, è cambiato lo scenografo, è arrivato il premio Oscar Ferretti e il festival sembra un po’ più anni '80. Il colore dominante è il nero, che non espone mai al rischio di brutte figure, e i bei fiori colorati al neon danno persino l'idea di uno stile discreto, disposto a lasciare finalmente spazio agli artisti, alla canzone. In fondo è oppure no il concorso canoro nazionale?

Lo è, ma non soltanto, non del tutto. Il Festival è anche da sempre un pianeta attorno al quale gravitano diversi satelliti. Si circonda di personaggi intervistati e 'intervistanti', di vecchie glorie alla ricerca di nuova luce, di fresche soubrette col sogno intatto del grande lancio massmediatico. Ed è pure il solito traballante carrozzone al quale s'accodano giornalisti alla ricerca di notizie e case discografiche in lotta per un posto sul palco e altri soliti retroscena.

Ma tant’è: ci siamo affezionati, ci siamo abituati e ci verrebbe a mancare se fosse tirato via dal palinsesto o sostituito con un ipotetico Festival della canzone Europea

Quel che stupisce quest'anno, e che lascia un po' perplessi, lesi nell'aspettativa -non altissima- è che nemmeno nelle scalette di altri programmi di appena un anno fa sono andati a ripescare certi sketch di second'ordine. In primo luogo non si capisce bene perchè la presentazione di una gara canora debba essere fraintesa con un pezzo di cabaret.

Una cosa è il teatro, altro è l'avanspettacolo, altro ancora il mestiere di intrattenitore. In seconda battuta è davvero troppo credere a uno sdoppiamento di Giorgio Panariello che un attimo prima appare lucido e presente a se stesso -con l'ironia e lo spirito di un irriverente toscano d'origine- e l'istante successivo, davanti all'ospite d'onore della serata, finge -improvvisamente diventato personaggio- di non riconoscerlo: organizza così una scenetta a cui persino John Travolta sembra non voler partecipare.

Vestito da pilota, com'era già successo nello show di Fiorello, il superdivo viene sollecitato a ripetere -proprio come aveva già fatto da Maria De Filippi- il celebre ballo di Pulp Fiction. Tra un massaggio ai piedi della Cabello e una dichiarazione d'amore al popolo italiano l'attore deve pure esibirsi -esattamente come era accaduto al povero Michael Boublè con Paolo Bonolis- nell'obolo alla canzone nostrana: nel blu dipinto di blu….

Stamattina si legge sui giornali che il Festival non delude e che alla fine l'unico 'difetto' da imputargli e' quello d'essere fin troppo normale. Per un anno non ci sono state grosse polemiche -se si esclude il miniscandalo dell'esclusione di Annalisa Minetti e quello del segretissimo testo della canzone di Anna Oxa- e non ci sono state nemmeno pressioni sugli ascolti attesi.

Un Festival 'bon-ton', un happening senza scosse, un appuntamento senza batticuore. Ma alla fine che appuntamento è? Se nemmeno ci si mette in ghingheri per l'occasione… sarà un po' come ritrovare un vecchio amico che avrebbe potuto essere di più e invece non lo è stato, oppure come essere arrivati troppo tardi sapendo di non aver perso altro che qualche tempo morto. Ci si siede al tavolo lo stesso, ma la cena è fredda e la testa già altrove.



(28/02/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere

  
  
 
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