Difficile e insostenibile “En attendant le déluge” (Aspettando l’inondazione) film crepuscolare che narra il progetto di fine esistenza di un ricco aristocratico annoiato e deluso dalla propria vita.
Piccolo capolavoro è invece l’iraniano “Khab é talkh” (Sogno amaro), menzione speciale camera d’or, nel quale il vecchio e burbero Esfandiar dopo una vita lavorativa dedicata alla meccanica preparazione dei defunti secondo il rituale religioso, prende coscienza delle propria finitudine rielaborando una riflessione amletica sui misteri della vita e della morte. Non altrettanto riuscito é l’altro iraniano “Gavkhouni” (L’eternità del fiume), viaggio silenzioso di un figlio ossessionato dal ricordo del padre ormai defunto. Per coloro che se la fossero persa si é ripresentata l’occasione di rivedere gli italiani “L’odore del sangue” di Marone, tratto dall’omonimo romanzo di Goffredo Parise, “Non ti muovere” di Castellitto dall’omonimo romanzo della moglie Mazzantini e il complesso ed intricato plot di Roberto Andò “Sotto falso nome” dai toni chabroliani con un Daniel Ateuil al limite dell’autolesionismo. Alla larga dall’opera giapponese “Il gusto del té” al cui promettente titolo segue una storia surreale che mette a dura prova anche i cinefili più incalliti. Come suggerisce sempre E.Ghezzi auguro a tutti una “buona visione”!
Amare l'arte è benessere
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