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PARLA CON ME. LA DOMENICA SERALE FIRMATA DANDINI
E’ alla nona puntata il programma che lo scorso anno si era già lasciato apprezzare nella sua spontaneità composta. Un'alternativa domenicale agli scempi della nostra televisione. Da registrare.

Claudia Bruno

La domenica alternativa esiste ancora. La Dandini pure.
Anche se compare sugli schermi di Raitre, di notte, con la luce fioca. Quando di rumore non se ne può fare troppo, quando, per volontà o per forza bisogna parlare in silenzio.
E Parla con me ci riesce, a dire senza urlare, a far riflettere senza buttarci in faccia una torta di immagini pre-confezionate. Domenica prossima la nona delle ventotto puntate di questa seconda edizione.

I protagonisti sono gli stessi, pochi ma buoni, come nei film di cinema indipendente. Cinque attori e sulle spalle il carico gigantesco di raccontare una storia con la ‘esse’ maiuscola. Serena Dandini autrice e conduttrice, Dario Vergassola, la Banda Osiris sempre più scalmanata e incline alla teatralità, Andrea Riveira, e da quest’anno Valerio Mastandrea.

Qui la storia è quella di un paese, del suo pubblico, della sua cultura, dell’informazione che tutti sappiamo distorta nel suo significato naturale. Serena Dandini ne tesse le fila senza cedere alle volgarità della spettacolarizzazione forzata. Senza pretese oratorie di persuadere attraverso il vero. Semplicemente con la maschera della leggerezza propria di una satira che non compare neanche più, una coscienza dei fatti travestita da risata. Il contentino ai potenti dei media.
Nerovestita, la Serena dell’Ambra Jovinelli, preferisce restare all’angolo del divanetto rosso, intervistando ospiti che diventano essi stessi narratori di sfumature contigue o meno alle loro arti.

Sta volta però, di ospite ce n’è uno fisso. Valerio Mastandrea, spassosissimo, interpreta sé stesso nella veste di attore-sfigato dimenticato dal cinema italiano. Rinchiuso nella mansarda di un certo Johnny Palomba, autore del quale è costretto a leggere recensioni dai toni romaneschi. Sketch settimanalmente riproposto, che ha dato il nome a Le ‘recinzioni’ di Jonny Palomba, ormai un appuntamento.

E poi Giovanni Sartori, Antonio Albanese, Lorenzo Cherubini, Claudio Santamaria, Nicola Piovani, Vincenzo Cerami, Arbore, Verdone, Proietti…chiunque passi per lo studio 9 della De Polis, attore, regista, scrittore, musicista o politologo che sia, partecipa alla chiacchierata intima e informale che il programma ha un po’ voluto reinventare. Una specie di complicità solidale, tipica del periodo che stiamo vivendo, cercata negli sguardi, nei discorsi di chi l’arte la fa per mestiere o per gioco.

Persino le simpaticissime e nuove ‘inchieste’ di Andrea Riveira, musicista e attore nato tra i vicoli trasteverini, fanno da sfondo a questa concezione. Una denuncia sociale volutamente scanzonata, che confida nello spirito critico di un pubblico intelligente.

Argomenti politicamente e socialmente scottanti vengono sì toccati, ma in veste dimessa, senza dati, senza fotografie, scrollandosi di dosso il peso di voler dimostrare per forza e a tutti i costi, perché non c’è bisogno di prove schiaccianti, la realtà è evidente. E il racconto collettivo e ironico messo in scena dai nostri artisti più grandi, ne è la massima dimostrazione.



(18/11/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere

  
  
 
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