Celentano non e' un uomo pericoloso. E non partorisce idee pericolose. E' solo un uomo di spettacolo, che fa spettacolo. Lui e' un fenomeno (dal verbo fainomai, apparire), e infatti 'appare'. Si manifesta, una volta ogni due tre anni, in uno show di punta della Rete Ammiraglia. E per molti giorni non si fa che discutere su cio' che potrebbe succedere in quelle serate. Nessuno lo sa, probabilmente nemmeno lui, nemmeno i suoi autori, nemmeno i suoi eccepibili ospiti.
Tutti, specie ai piani dirigenziali, vorrebbero conoscere i copioni, leggere le scalette, capire cosa dira' lo showman. Ma Celentano e' diventato famoso per i suoi silenzi, mica per le sue parole. L'unica volta che ha provato a usarne un paio sono rimaste memorabili perche' erano scritte male, piene di errori grammaticali: "la caccia e contro l'amore".
Dunque quel che preoccupa i responsabili della linea editoriale nella tv pubblica non ha molto a che fare con i concetti che potrebbero essere espressi nelle imprevedibili ore di diretta 'rockpolitiche'. Cio' che scuote e' proprio il non-fare, il non agire, la pausa che riempira' del suo niente il tempo tra domande banali e risposte scontate. Perche' e' questo che vedremo, niente di piu': noti ospiti, grandi performance, presenze 'indesiderate'.
Celentano non si avventura sul serio in discorsi che non facciano spettacolo, che non siano puro spettacolo. Non e' un politico, non ne capisce quasi nulla; non e' un filosofo, non ha mai studiato. E' un uomo pieno di difetti con la istintiva capacita' di creare il proprio mito. Come? Mostrando i suoi limiti, facendoli vivere sul palco, gettandoli in pasto a un pubblico curioso, e poi pronunciando discorsi demagogici e un po' populisti che ormai nemmeno al bar si tollerano piu' troppo bene.
Cosa potra' dire nelle prossime settimane? Che le ricchezze andrebbero ridistribuite, che il mondo e' mal gestito da persone avide di denaro, che gli speculatori stanno uccidendo l'ambiente e che la Terra diventa ogni giorno un po' meno democratica; che l'Italia e' ridotta in poverta' da una banda di affaristi senza scrupoli che mentono quotidianamente anche in tv. Ecco, forse piu' o meno sara' questo che spuntera' come un fiore dal cemento sulla bocca di Adriano.
E che c'e' di nuovo? Non siamo gia' tutti a conoscenza di questi e altri delitti? E siamo davvero convinti che sia la conoscenza delle cose a rendere libera una nazione? Siamo carichi di informazione, siamo raggiunti da notizie, spesso sempre le stesse, mai quelle giuste. Insomma non sara' il testo a fare la differenza nelle puntate di "Rockpolitick".
Quello che fara' stendere fiumi d'inchiostro sara' l'epifania dei simboli: invitare ospiti sgraditi, tutt'altro che politically correct… ecco, questo sara' lo show. Dare scandalo e' uno dei talenti richiesti a chi fa il mestiere di Celentano. Scandalizzare qualche perbenismo residuo, qualche ipocrisia sempre meno latente, far sospirare qualche fan che aspetta il ritorno del proprio beniamino; creare l'illusione che almeno a un grande personaggio come il Molleggiato sia concesso fare piu' degli altri, fare cio' che vuole e che quindi, con un po' di coraggio, anche il nostro puo' essere un "paese normale".
Ma non e' cosi', e' solo un trucco da prestigiatore. Perche' la liberta' d'espressione non puo' essere un lusso concesso di malavoglia in nome dello share televisivo. E lo stop alla censura deve cominciare dal basso, dal fondo della bottiglia, dall'ultimo saltimbanco arrivato. Altrimenti anche Celentano diventa un fenomeno di mercato, un uomo degli incassi, dei successi di prima serata. Se pure Celentano "fa media" contro la programmazione Fininvest non c'e' piu' speranza. Si recupera il vecchio tormentone che in tv tutto -come la gallina vecchia- fa brodo.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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