La luna di carta è un discreto capitolo della saga, anche se forse non uno dei più coinvolgenti. La struttura della trama, basata su due donne dai caratteri contrapposti che irretiscono il commissario, non si può premiare per l’originalità, anche se la sua articolazione e la connessione con la quotidianità criminale e politica ne aumentano lo spessore. Del resto l’intento di creare un’atmosfera torbida, trattandosi di un romanzo per famiglie, non è particolarmente approfondito e si svolge quasi tutta nella mente del commissario.
Rimane così l’ossatura di un pregevole Montalbano tradizionale. Lo stile della scrittura è colloquiale e ammiccante, i personaggi divertenti e connotati, il giallo è intricato ma facilmente comprensibile. Persino il dialetto siciliano, tranne che per chi si trova al primo approccio con Montalbano, scorre leggero come una piacevole abitudine. Un giallo da ombrellone o da divano, di facile lettura e di buona compagnia.
Resta da dire che la carriera di Camilleri parla chiaro intorno al suo spessore culturale e creativo: autore e regista teatrale e televisivo per lavori di grande qualità, oltre che scrittore di lungo corso. E qualche lampo di ottima scrittura e ottimo pensiero emerge nei suoi Montalbano: quei pochi, intensi tocchi drammatici o semplicemente poetici che impreziosiscono le pagine. Viene da chiedersi cosa saprebbe fare Camilleri, coi suoi agili ottant’anni, se uscisse dai suoi schemi gialli e piacevoli, per seguire o tracciare una pista nuova. Tanto siamo tranquilli che il nostro compagno Montalbano è sempre lì, a Vigàta, che sbafa gamberoni e passeggia lungo il mare in attesa di una nuova indagine. Invecchia sì, ma molto lentamente.
Amare l'arte è benessere
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