Ho letto il suo articolo che mette insieme la relazione di aiuto di tipo psicoterapeutico con quello sciamanico. In che modo questi due approcci possono servire ad aiutare una persona che ha problemi psicologici?
Quando nella mia pratica psicoterapeutica ho modo di utilizzare le due modalità di aiuto che potrei definire “convenzionale” nella modalità di psicoterapia della Gestalt e “non convenzionale” nella modalità di “tecniche di guarigione” psico-fisiche di provenienza sciamanica, mi rendo conto come lavorino per lo stesso fine: l’autorealizzazione dell’essere umano, da due prospettive diverse ma complementari.
Per visione sciamanica mi riferisco quell’approccio alla realtà abbastanza universale che pone l’essere umano in continua relazione e interdipendenza con l’ambiente naturale, inteso come manifestazione del sacro in senso lato, dunque senza colore religioso. E la globalità di cui fa parte ogni singolo individuo rispetto alla realtà circostante si rispecchia anche dentro ogni essere umano che infatti è considerato una totalità in cui l’aspetto corporeo, quello mentale e quello spirituale interagiscono senza soluzione di continuità. Ossia ogni essere umano è uno specchio microcosmico di ciò che il macrocosmo manifesta.
Questo approccio mi trova assolutamente concorde.
Tra l’altro la psicoterapia della Gestalt entra in pieno in una visione olistica dell’essere umano, dunque non vedo contraddizioni sostanziali tra i due approcci, quello mentale (psicoterapeutico) e quello se vogliamo più da emisfero destro, intuitivo (sciamanico).
Per rispondere concretamente alla sua domanda le posso dire che, nel corso di mie esperienze di ricerca, ho avuto modo di sperimentare, tecniche di guarigione provenienti da tradizioni molto antiche e che ancora oggi vengono praticate usualmente da molte popolazioni, come la “Caccia all’Anima” o “Viaggio sciamanico”, oppure le tecniche andine di lavoro con l’energia. La tecnica della Caccia all’Anima permette all’individuo di recuperare le parti di vitaltà e integrità che si perdono a piccole o grandi dosi, a seconda della storia individuale, ogni qualvolta si vivono eventi fisici e/o psichici traumatici. Più propriamente si parla di perdita di “pezzi d’anima” in corrispondenza di eventi vissuti come spiacevoli che lasciano spesso una indefinita sensazione di incompiutezza. Attraverso l’uso di questa tecnica io faccio un viaggio in una dimensione che si può definire “più allargata” della realtà ove si trovano queste parti d’anima della persona, senza l’uso di alcuna sostanza allucinogena e rimanendo in uno stato assolutamente cosciente. Dopo il recupero delle parti d’anima della persona utilizzo la danza, nella forma più primitiva della trance dance, per far radicare nel corpo quanto vissuto nella dimensione del viaggio.
Questo tipo di intervento porta alla guarigione concreta delle conseguenze dell’evento traumatico.
Nel mio lavoro di psicoterapeuta, quindi, se la persona è disponibile e si creano le condizioni favorevoli per agire anche con l’uso di queste tecniche terapeutiche “non convenzionali” i risultati mi sorprendono ogni volta. Si risolvono molto più velocemente difficoltà che bloccavano il processo di cambiamento nel corso della psicoterapia, ad es. l’insorgenza di paure accompagnate da sensazioni del corpo molto sgradevoli, oppure di domande legate ad eventi signifacativi del passato della persona che con la tecnica del viaggio sciamanico trovano una risposta che non era affatto conosciuta e la cui verifica di veridicità si ha nella vita reale della persona stessa.
Così il processo di cambiamento, che è l’obiettivo della psicoterapia, si rimette in moto in vista della tappa successiva.
(30/05/2004)
Non aver paura di curare la propria anima è benessere
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