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Esistono diverse tecniche che utilizzano la voce come strumento terapeutico. Si va da quelle specificamente psicologiche, come il “primal” (l’emissione dell’urlo primordiale per tirar fuori emozioni legate soprattutto alla rabbia, bloccate magari da molto tempo), a tecniche più morbide ma molto efficaci quali quelle suggerite dal musicoterapeuta Philippe Barraquè, che propongono l’uso di particolari combinazioni di consonanti per stimolare l’equilibrio psicofisico. Ci sono poi tecniche che lavorano specificamente sugli armonici della voce, che “nutrono” la parte spirituale dell’essere umano attraverso una sintonizzazione con l’aspetto energetico del suono. Anche alcune tecniche di bioenergetica usano l’urlo o la risata, un’ulteriore manifestazione della nostra voce, capace di sbloccare tensioni energetiche legate a particolari emozioni e stati d’animo. Un’altra tecnica è poi l’euritimia di stampo antroposofico.

Un denominatore comune a tutte queste modalità sta nel non poter agire sulla voce senza lavorare sul respiro. Il linguaggio dà una forma al respiro. Dunque, usare consapevolmente la propria voce e conoscerla vuol dire anche imparare a gestire il proprio respiro, con la conseguente diminuzione di quegli stati emozionali che tendono a bloccarlo, quali l’ansia, la paura incontrollata, ecc. Questo perché il ritmo della respirazione dipende sostanzialmente dalle nostre emozioni.

Molte culture hanno riconosciuto, e riconoscono tutt’ora, l’importanza del suono come strumento terapeutico. I sacerdoti dell’Antico Egitto usavano la vibrazione sonora delle vocali per equilibrare i centri energetici della persona, perché sapevano dell’influenza che suoni specifici hanno sulle diverse parti del corpo. I nativi americani, inoltre, usano l’intonazione della voce e la produzione di suoni ripetitivi per riarmonizzare le emozioni, il corpo, e lo spirito.

In sintesi la voce, articolata in parole e/o modulata in canto, a mio parere è uno degli strumenti di espressione dell’essere umano ancora inesplorato dal mondo dei “non addetti ai lavori”.
Quando insegno tecniche di consapevolezza inerenti a quest’aspetto della persona mi rendo sempre più conto del fatto che la voce non è uno strumento di lavoro sulla persona a sé stante. In realtà, mentre si parla e si ascolta (funzione strettamente connessa all’emissione di suoni) si agisce con tutto il corpo. Così le forme sonore che vibrano in noi, modellano il nostro schema corporeo vocale in base alla storia personale e al modo che ognuno ha di percepire la realtà.


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it

tel. 338/7255800


(15/08/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Non aver paura di curare la propria anima è benessere

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