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Nella pratica yogica e meditativa, padroneggiare il ritmo respiratorio e raggiungere uno stato di rilassamento prepara la condizione ottimale per raggiungere la concentrazione dell’attenzione, sperimentarne l’importante funzione di intermediazione tra mente e corpo e riflettere la calma emozionale e mentale da cui è possibile partire per un viaggio interiore anche verso quegli stati alterati di coscienza che si possono raggiungere con la meditazione.

Per fare un altro esempio, per il sufismo, la parte più spirituale dell’Islam, il respiro è uno dei temi fondamentali della pratica meditativa, anche come strumento di connessione con la fonte di energia che mantiene in vita il mondo.
Tornando al confronto con l’approccio psicoterapeutico, la meditazione permette un’apertura ad una consapevolezza interiore maggiore, ma può anche essere utilizzata per sfuggire dai problemi psicologici. Quindi, può rappresentare la scelta di un ritiro passivo verso il proprio mondo interiore o una migliore gestione del proprio rapporto col mondo attraverso l’autoscoperta.

A mio avviso, a volte può essere facile confondere l’integrazione e l’analisi dei contenuti di consapevolezza in psicoterapia con la presenza e l’osservazione del processo di consapevolezza in meditazione. Ciò mi porta a considerare la non utilità del ridurre lo yoga e la meditazione a semplici tecniche di autoaiuto psicologico o di rilassamento.
In realtà, la psicoterapia non può sostituire la meditazione e viceversa.

Piuttosto, possono essere percorse insieme da chi è interessato ad un lavoro di crescita e di autorealizzazione ancora più profondo. Altrimenti, la pratica dell’autosservazione e del non attaccamento, che è uno tra gli obiettivi delle discipline meditative, rischia di diventare una fuga dalla realtà quotidiana, qualora magari questa sia vissuta come frustrante, spiacevole.

In quest’ottica, non è utile dal punto di vista psicologico rimanere attaccati alla rabbia, alla paura, all’ansia, ecc. tanto da identificarcisi. Analogamente, non è neanche sinonimo di evoluzione personale addestrarsi al non attaccamento, quindi a vedere da osservatore la propria rabbia o paura, senza integrare tale non attaccamento con una maggiore consapevolezza. Così facendo, si potrebbe trasformare dall’interno l’identificazione dell’intera persona con le sue emozioni e affrontare senza timore il significato delle varie espressioni del proprio Sé.


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(30/09/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Non aver paura di curare la propria anima è benessere

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