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PSICOTERAPIA, YOGA E MEDITAZIONE
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Dott.ssa Maria Rosa Greco Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt
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Capita spesso di sentire parlare di persone che ricorrono allo yoga per combattere l’ansia o alla meditazione per trovare la pace interiore e, rimanendo nell’esempio, alla psicoterapia per “guarire” dall’ansia stessa.
Mi sembra stimolante approfondire queste tre modalità di approccio, che a mio avviso hanno senz’altro un elemento pienamente condivisibile: lavorare per il benessere della persona.
Diverse, però, sono le modalità, i mezzi per arrivarci, come anche diverso può essere ciò che si intende con “raggiungimento del benessere”.
Mi rendo conto che il confronto riguarda vari temi.
Partendo da alcune semplici espressioni dell’essere umano, si può osservare che un modo comune per soffocare conflitti o tensioni interiori è trattenere il respiro così da evitare l’espressione delle emozioni.
Quindi, ad esempio, nell’ambito della psicoterapia gestaltica fare attenzione al respiro e lavorarci per indurre una consapevolezza maggiore è uno dei modi per entrare in contatto coi processi interiori dell’individuo.
Tra l’altro, allentare le tensioni muscolari attraverso la respirazione è un modo per facilitare l’espressione delle emozioni.
Nello yoga, in parallelo, la respirazione utilizzata durante le varie posizioni serve tra le altre cose per mantenere elastica la colonna vertebrale mentre si lavora, come anche per “ammorbidire” punti di maggior tensione e liberare il corpo da movimenti nervosi.
Ad un livello più profondo, il corretto uso del respiro nello yoga e nella meditazione è il mezzo per impadronirsi della mente e, raggiungere, oltrepassandola, livelli più alti di consapevolezza.
A mio avviso, una differenza di prospettiva è che, nello yoga, si parla di controllare il respiro per imparare a padroneggiare stati emozionali e mentali.
Nella pratica della psicoterapia gestaltica, invece, portare l’attenzione sulle diverse modalità di respirazione vuol dire consapevolizzare le sensazioni e le emozioni che accompagnano relazioni sociali, stati mentali, conflitti interiori etc. E si fa ciò per lavorare sul raggiungimento di modalità espressive più congruenti con quanto si sente e che viene veicolato dal respiro.
Ad esempio, un respiro agitato per la rabbia, affannoso per la paura, o rotto dal pianto, una volta consapevolizzato, è un buon punto di partenza per lavorare sul sentire la rabbia dentro di sé, sulle eventuali obiezioni ad esprimerla, sul perché e quando sorge e sulla modalità migliore per esprimerla.
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