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Anche i consigli sull'igiene che Ippocrate rivolgeva ai propri pazienti sono del tutto vicini allo spirito dell'Ayurveda: Ippocrate, come gli ayurvedici, consigliava una vita semplice, condotta all'aperto ed accompagnata da esercizio fisico, e un'alimentazione essenziale perlopiù basata su grani, frutta e verdura.

Egli raccomandava di purificare periodicamente il proprio corpo dagli umori accumulati, proprio come un medico indiano avrebbe fatto ricorso alla depurazione stagionale del “panchakarma”.

Le medesime relazioni tra stagionalità e disordini, tra climi e tipi di individui, descritte da Ippocrate si ritrovano, pari pari, nei testi ayurvedici. La cultura medica dei greci ha dunque modellato quella degli indiani? O è vero invece il contrario? O, ancora, non possono i due sistemi essersi sviluppati in modo indipendente l'uno dall'altro per poi incontrarsi proficuamente in seguito? Simili interrogativi non trovano facilmente risposte certe per la mancanza di dati affidabili: Ippocrate è probabilmente antecedente rispetto a Caraka e Sushruta, ma cosa vi era prima di loro? Gli archeologi, ad esempio, scavando tra le rovine di Mohenjo Daro, antichissima città parte di una civiltà che fiorì in India oltre quattromila anni fa, hanno trovato delle vasche termali che documentano la pratica di un'avanzata forma di idroterapia.

Un altro grande dilemma storico si presenta quando ci si chiede se l'Ayurveda abbia inventato la pratica diagnostica dell'esame del polso (Nadi Pariksha) o se la abbia importata da altri sistemi. Secondo i medici indiani il Nadi Pariksha fu sviluppato dai grandi maestri dell'Ayurveda.

E' indisputabile, però, che di esso non si faccia menzione nei trattati classici ad eccezione di una breve citazione di Charaka che afferma: "Il medico dovrebbe sentire il battito alla radice del polso per stabilire se nel paziente vi sia vita o meno".

In effetti il primo testo ayurvedico nel quale l'esame del polso viene descritto con completezza è la Sarngdhara Samhita che risale addirittura al XIV secolo d.C.
I testi cinesi
Grandi maestri in questa disciplina furono, poi, soprattutto i medici arabi che esercitarono la loro arte presso le corti dei sovrani musulmani che governarono l'India a partire dall'undicesimo secolo d.C.; si racconta addirittura che essi fossero in grado di visitare le pazienti e di porre diagnosi esatte stando in un'altra stanza e palpando il loro polso attraverso un piccolo foro praticato nel muro.

Gli indiani, infine, fecero propria questa conoscenza, sviluppandola e conservandola nei secoli, e ciò testimonia la loro grande abilità di assorbire e di preservare i valori utili. La probabile catena di trasmissione fu dunque probabilmente Cina - Persia - India, ma gli indiani sono oggi i più grandi maestri del mondo in questa disciplina.

Molti medici ayurvedici testimoniano, infatti, con la loro abilità pratica l'antico detto di Charaka: "Per curare le malattie del paziente il medico deve penetrare nel corpo di questi con la luce della propria conoscenza ed intelligenza."

Come si è visto, i dubbi storici sono molti e destinati, forse, a non trovare risposta, ma ciò che ci preme sottolineare è l'universalità dei principi fondamentali, sia che si tratti di medicina greca che indiana e cinese. L'uomo è uno, sembra dirci la storia, ed il soddisfacimento dei suoi bisogni passa attraverso la realizzazione di un'armonia profonda con la sua interiorità e di una sintonia totale con la Natura intorno.

Questi obbiettivi accomunano tutte le grandi tradizioni mediche dell'antichità e non è dunque utile porsi orgogliosamente come i primi iniziatori della scienza.


(01/03/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Prendersi cura del proprio corpo è benessere

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