Tuttavia, guardando alla storia con sguardo obiettivo, risulta difficile pensare che l'India sia stata l’unica madre di tutte le culture e che ogni grande intuizione sia nata proprio e solo in quel paese. L'India ha influenzato ma, come vedremo, è stata anche molto influenzata e gli scambi, reciproci, con le grandi culture dell'antichità, in primis quella greca e quella cinese, sono stati molto più intensi e profondi di quanto si potrebbe supporre.
Ciò riguarda tutte le branche del sapere umano e le scienze applicate, come l'architettura, la medicina e finanche l'astrologia. Si prenda ad esempio il più importante degli antichi trattati indiani sullo Jyotish, l'astrologia vedica. Il suo nome è Parashara Hora Shastra, un titolo che denuncia un’evidente ispirazione greca.
Il termine hora deriva, infatti, dal greco horoscopos, “colui che osserva l'ora” (della nascita). In particolare, nell’ambito della scienza medica (della quale si tratterà nel presente articolo) le culture che nel corso dei secoli hanno maggiormente influenzato il mondo indiano sono state quelle dei greci, dei cinesi e degli arabi.
Il primo contatto storicamente riconosciuto tra Grecia ed India avvenne nel IV secolo a.C. quando le truppe macedoni, guidate da Alessandro Magno, invasero l'India nord-occidentale. Alessandro sognava di conquistare l'intera India, da occidente ad oriente, ma dovette ben presto rinunciare al proprio progetto perché le sue truppe, stremate da una campagna militare che durava da anni, si rifiutarono di proseguire oltre la valle dell'Indo. Alessandro rimase poco tempo in India, ma l'influenza del suo passaggio fu enorme: egli stabilì dei regni che rimasero in vita per oltre due secoli prima di venire fagocitati dal mondo indiano. Dall'incontro tra la cultura ellenistica e quella indiana nacque la straordinaria e raffinata civiltà Gandhara sviluppatasi nella valle dello Swat dove, nel secolo scorso, il grande orientalista Giuseppe Tucci condusse una serie di campagne archeologiche. Per quel che riguarda il campo medico, gli scambi tra le due culture furono certamente intensi e di grande rilievo. La medicina greca classica e quella indiana, l'Ayurveda, presentano infatti un'infinità di punti di contatto sia dottrinali che pratici. Né bisogna dimenticare che a quel tempo “medicina” significava anche “filosofia” e che le cure mediche discendevano da una visione del mondo e dell'uomo straordinariamente profonda, ispirata ad un senso di unione dell'essere individuale con l'universo intero.
Il più grande esponente della medicina greca antica, Ippocrate di Kos, afferma che nel corpo umano operano quattro umori: flegma, bile gialla, bile nera e sangue. Gli umori di Ippocrate rassomigliano in modo impressionante ai quattro dosha (impurità) menzionati da Sushruta, uno dei padri dell'Ayurveda: vata (vento), pitta (bile), kapha (flegma) e rakta (sangue).
Per Ippocrate, come per gli ayurvedici, gli umori alterati del corpo andavano rimossi per lo più con terapie purgative o mediante il digiuno. Prima di venire eliminati, però, essi dovevano “maturare” in modo tale da poter fluire fuori dal corpo senza intoppi.
Ecco che cosa scrivono al riguardo rispettivamente Ippocrate e Vagbhata, un altro dei grandi autori dell'Ayurveda:
"Bisogna purgare e muovere gli umori alterati quando sono maturi e non prima, a meno che essi non lottino per venir fuori da sé, il che non è il caso il più delle volte.
"I dosha alterati che si sono diffusi in tutto il corpo aderendo ai tessuti, se non cercano di venir fuori da sé non andrebbero espulsi forzatamente, così come non si estrae il succo da un frutto immaturo, perchè la loro difficoltosa estrazione danneggerebbe il corpo. Bisogna preparare quei dosha alterati con erbe digestive, con misure di oleazione e fomentazione; poi, al momento giusto, quando sono pronti, vanno eliminati con misure di purificazione, tenendo ben presente la forza del corpo."
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