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VIAGGIO DENTRO AL MONDO ADOLESCENZIALE
Cosa implicano i disagi psicologici dell’età adolescenziale? Come possono essere compresi e affrontati? Il punto di vista di una psicoterapeuta della Gestalt.

Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt


Spesso si legge e si sente parlare di disagio psicologico dell’età adolescenziale. Scopriamo insieme cosa implica evolutivamente far parte del mondo giovanile, quali sono i cambiamenti che in genere si affrontano in questo periodo della vita, che tipo di adattamenti bisogna affrontare e, di conseguenza, quali difficoltà possono sopraggiungere.

Parto dal mio punto di vista di psicologa, nonché psicoterapeuta della Gestalt che vive in questa realtà occidentale, spiegherò più avanti il perché di questa precisazione.
Nel nostro tipo di società, in genere, non si dà molta importanza ai momenti di passaggio, alle “soglie” da attraversare per accedere alle molteplici e individuali tappe evolutive. E' probabile ci si renda conto di esse solo quando emergono difficoltà,che, spesso, fungono da “sveglia interiore” o “risveglio della consapevolezza”, rispetto a un vivere quotidiano apparentemente fluido (della serie “tutto scorre”). In realtà, è solo automatico (“tutto passa correndo e senza avere il tempo di vedere”!). Da questo punto di vista, sono proprio gli ostacoli a questa modalità di vivere che finalmente ci obbligano a fermare lo sguardo su una realtà che è stata sempre davanti ai nostri occhi, ma che non ci siamo quasi mai concessi di guadare in profondità.

L’adolescenza, come fase evolutiva della vita, si può considerare una seconda nascita, portatrice per ogni essere umano di realtà nuove da sperimentare: modificazioni corporee molto evidenti, definizione dell’identità sessuale, conquista di un spazio autonomo in seno alla famiglia e nell’ambiente sociale più allargato, ecc.
Una delle peculiarità di questi nuovi eventi è che coinvolgono l’essere umano già consapevole, che quindi si vive da una parte una nascita a nuova vita con tutta la carica energetica che in genere essa comporta, dall’altra affronta, spesso in modo molto solitario, una inevitabile fase di “lutto” della precedente fase evolutiva, quella del bambino. Si parla di “lutto” perché l’adolescente si trova a dover “uccidere” tutta una serie di schemi legati a ruoli precedenti, e, al tempo stesso, tutta una serie di relazioni, dal momento che sta cambiando secondo un processo inevitabile (es. uccidere il vecchio rapporto coi genitori o con i coetanei dello stesso sesso e quelli del sesso opposto). Tale processo è paragonabile a quello di un fiore piccolo, cresciuto dentro una bottiglia, che inizia a crescere e ad allungarsi a velocità accelerata, seguendo la luce che giunge dall’esterno, e si fa strada verso l’alto, malgrado le strettoie del collo della bottiglia!

In questo contesto vorrei dare particolare luce al fatto che, spesso, il mondo degli adulti sottovaluta la preziosità di questo passaggio evolutivo, di questa fase della vita, dimenticandosi di averla già vissuta. Da ciò conseguono difficoltà nel comprendere quella fetta di mondo e ad accettarla.
Da questo punto di vista, è come se un nascituro alieno arrivasse in un mondo in cui degli individui, piuttosto che essere incuriositi dalla sua diversità, lo evitano per…disagio del confronto, timore verso un essere “diverso”, paura che provenga da una razza più evoluta e che li sovrasti, difficoltà nel gestire le novità, ecc.
Mentre il nostro adolescente sta dietro a queste difficoltà, intanto, il tempo scorre inesorabile, e spesso gli adulti si ritrovano con un essere irriconoscibile, che a sua volta ha dovuto gestire una metamorfosi completa nella totale solitudine, senza essere compreso, e per di più ha dovuto spesso difenderla con una lotta psicologica per esprimere il suo più pieno diritto di sentire l’“io sono, io posso, io voglio”.

Tra l’altro l’ansia, l’incertezza circa l’identità nuova, e la paura di perdere il controllo, a volte possono sopraffare questo nuovo essere che si trova in una fase di cambiamento costante. Infatti, spesso, nel mio ambito psicoterapeutico sento dire dai genitori che il figlio adolescente è scostante, rinchiuso in un mondo tutto suo. Tutto questo, però, viene espresso con un tono quasi accusatorio, negando così l’opportunità di apprezzare la “scostanza” come flessibilità ed espressione del cambiamento continuo contro una rigidità, senz’altro più patologica, che impedisce di vedere l’evoluzione in movimento.


  
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