Poiché la tunica aveva le maniche corte, quando il freddo era pungente si ricorreva a dei grossi guantoni e, soprattutto, ci si avvolgeva nella toga, un ampio semicerchio di lana bianca di 2,70 metri di diametro. La toga divenne il costume nazionale dei Romani e andava drappeggiata con un’arte che richiedeva una vera abilità e l’indispensabile aiuto di un servo esperto o di una moglie compiacente.
Anche la donna romana, quando andava a letto, non si spogliava del tutto: si lasciava il perizoma, la fascia del seno – mamillare – la tunica o le tuniche e qualche volta, con gran disperazione del marito, persino il mantello...
Al mattino, dopo sommarie abluzioni, ma accuratamente imbellettata e pettinata, la matrona, indossava i suoi monili: diadema sui capelli, orecchini, collana e catenelle al collo, ciondoli sul petto, braccialetti, anelli alle dita, alle braccia e alle caviglie.
Così addobbata, finalmente, si infilava una lunga tunica, fermata in vita da una cintura, ed infine si avvolgeva o in un fluente scialle che scendeva sino ai piedi o nella palla, un grande mantello quadrato in tinta vivace.
Le signore della Roma bene aggiungevano inoltre degli accessori per rendere più chic il loro aspetto: nastri colorati nei capelli, un vezzoso fazzolettino annodato al collo, la mappa legata al braccio per detergere il viso dalla polvere e dal sudore e, forse, anche per soffiarsi il naso, un bel ventaglio di piume di pavone in una mano e nell’altra l’umbrella, l’ombrello, per ripararsi dal sole.
Così acconciati e sistemati, i Romani erano pronti ad iniziare la loro lunga giornata che – fra affari, visite alle amiche, un salto in tribunale ed uno al circo e qualche pettegolezzo fra le vie del Foro – prevedeva, indispensabilmente, un rilassante quanto igienico bagnetto alle terme.
Amare è benessere
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