Negli ultimi decenni, ma soprattutto negli ultimissimi anni, la biologia della conservazione e la pianificazione ambientale si sono incontrate per discutere e risolvere il problema. Grandi studiosi come E.O.Wilson, R.F.Noss, M.E.Soulè, o gli italiani A.Farina e L.Boitani, si sono dati da fare ed hanno ideato un grandioso progetto globale chiamato rete ecologica.
Il concetto della rete ecologica è semplice: bisogna unire i grandi parchi (chiamati core area – nuclei centrali) attraverso dei corridoi che siano adatti alle esigenze di ogni specie. Quindi, se per il Moscardino che non attraversa la strada basta costruire un sottopassaggio, per far sì che il Lupo delle Alpi raggiunga la Calabria serviranno dei sistemi di aree verdi più estese.
I corridoi possono essere semplici sistemi di siepi, filari di alberi (pensate agli scoiattoli), campi coltivati in maniera tradizionale (l’agricoltura intensiva rappresenta invece un ostacolo) o anche sottopassaggi e autostrade a trincea (leggermente sopraelevate, in modo da poter essere attraversate).
Attorno alle core area si stabiliscono le buffer zones, o zone cuscinetto, in cui i vincoli ambientali sono più lassi che nell’area protetta, ma comunque rilevanti. Ad esempio, attorno al Parco del Delta del Po la buffer zone è costituita da un sistema di risaie, ottime sia per l’uomo in campo economico che per il passaggio degli uccelli migratori, ed a basso impatto ambientale per tutti.
Questo sistema sta rivoluzionando il criterio di istituzione delle aree protette e fioccano i progetti internazionali. Fra questi, di grande rilievo è la Direttiva Habitat del 1992, che si propone di creare una rete di aree protette estesa a livello europeo (la Rete Natura 2000).
Proprio quest’anno, fra il 27 ed il 28 maggio, si è tenuto a Roma un importante Convegno nazionale dal titolo “Ecoregioni e reti ecologiche – La pianificazione incontra la conservazione”, in cui studiosi del calibro di L.Contoli, L.Boitani, S.Pignatti, A.Farina, S.Malcevschi ed altri hanno dato il loro contributo in un dialogo di livello nazionale.
Se questa è la via che hanno scelto di intraprendere urbanisti ed ecologi ben venga.
E speriamo che l’Europa possa così abbattere, assieme alle frontiere politiche, anche quelle ecologiche.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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