Isola di Penang, in Malesia. Georgetown, la maggiore città di Penang, è un incrocio di razze e culture diverse che sembrano convivere senza difficoltà: un crocevia che apre un varco nel mondo indiano, con profumi, suoni, odori, canti, abiti, donne con i sari, templi induisti, lingua e gesti appartenenti a quella cultura, dove tutto sembra respirare lentamente e che fanno immergere totalmente in quel mondo, dimenticando il luogo fisico in cui si è.
Nel crocevia accanto si viene tuffati nella cultura cinese con i suoi negozi di pesce essiccato, le luminarie di sfere rosse che sovrastano le vie, i templi buddisti, le donne in minigonna, il tran tran veloce di biciclette ed altri mezzi di trasporto, gli incensi che bruciano insieme ad offerte di fiori e frutta davanti a negozi e case per il ben volere degli spiriti che, tradizionalmente, a fine agosto si dice che vaghino per le strade.
Nel quartiere vicino, al tramonto, si sentono cantare i muezzin, si incontrano moschee, donne con il burka, uomini tutti rigorosamente barbuti, bazar dove senti parlare in arabo. I malesi indigeni, infine, sono un po’ dappertutto, comprendono più lingue, amano mangiare cibi di altre culture e vivono immersi in questo incrocio di mondi che è proprio a portata di mano.
Osservando tutto questo, mi sono chiesta spesso quale poteva essere il loro atteggiamento verso la vita e più volte ho notato il rispetto verso ciò che è diverso (sia esso, cibo, persona, lingua, religione o cultura). Era evidente la facilità al cambiamento, come un gioco che in realtà rende molto flessibile la mente, facilitando l’approccio alle novità.
La guida locale che ci ha accompagnato in giro, anche fuori dalla città, nella giungla, si rivolgeva ai cinesi con una certa modalità, agli arabi con un’altra modalità, con persone che vivono ancora a contatto diretto con la giungla in un modo ancora diverso: gesti, lingua, usi, e con noi “bianchi” in un altro modo ancora.
L’esperienza particolare che trasmetteva era che usava i vari “abiti”, le varie personalità in maniera consapevole, come un giullare che si destreggia giocando con la vita!
In alcuni momenti mi sono ritrovata a pensare alla cultura in cui sono immersa quotidianamente, qui in Italia, alle persone che mi chiedono aiuto come psicoterapeuta e mi sono detta che molte delle difficoltà, delle problematiche che fanno vivere male, con angoscia, derivano dall’attaccarsi rigidamente solo ad un “vestito”. Lo si considera l’unico possibile per se stessi e si diventa ciechi nei confronti di tutta la ricchezza di stimoli che la vita propone in ogni attimo.
La cultura, purtroppo, è una componente che condiziona in maniera forte scelte e modalità di agire personali.
Aprirsi però alla possibilità che non si vive nell’unico mondo possibile, che esistono altre modalità di affrontare la vita e le sue eventuali difficoltà, facilita il cambiamento, il lasciare andare le difese e l’attaccamento a ciò che, pur se doloroso, ci appartiene.
Affrontare il quotidiano con un briciolo di consapevolezza in più di quella che in genere contraddistingue il “lasciarsi vivere” è un buon modo per risvegliare il giullare che può essere dentro ognuno di noi e che spesso viene lasciato in stand bay per lungo tempo.
Questo è anche uno degli obiettivi della psicoterapia, così come personalmente la intendo: risvegliare il piacere di cambiare, di trasformarsi per poter giocare anche con le parti meno conosciute della persona e che a volte hanno capacità di adattamento e realizzazione più efficaci di quelle già conosciute.
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/725580
Non aver paura di curare la propria anima è benessere
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