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SARAJEVO E IL RELATIVISMO DELLE RELIGIONI
E'ancora possibile essere di una religione perché si è nati nel "luogo" eletto da quella precisa religione? Quale la struttura dietro a questa scelta?

Giancarlo Tarozzi

Assistendo alla prima di un documentario prodotto da Videonauta sulla Bosnia e su Sarajevo (“Primavere a Sarajevo – L’arte della Rinascita”), uno degli intervistati ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere profondamente: esistono zone della Bosnia in cui il fatto di nascere 30 km più a nord, a est, più a sud, oppure ad ovest significa automaticamente essere cattolici, musulmani, ortodossi, laici o altro.

O perlomeno, questo accadeva soprattutto prima che le guerre etniche spezzasse l'armonia interreligiosa di quel paese.

Ma quello che qui mi preme sottolineare, comunque, e' un'aspetto a prima vista sconcertante: l'adesione all'una o all'altra religione dipende dal fatto di essere nati qualche chilometro in più da una parte oppure dall'altra.

Ma del resto... su scala maggiore, non e' quello che accade sempre comunque sul nostro pianeta? Una delle prime cose che ha scosso, nella mia prima adolescenza, la convinzione di essere cattolico è stato quando ho iniziato a chiedermi: ma è possibile che io sia così fortunato da essere nato proprio dove si pratica la religione più "giusta" di tutte le altre? E da lì il mio percorso di relativizzazione mi ha portato poi a contattare maestri, iniziati, sciamani di tutto il mondo.

Eppure, per molte persone, è normale che il rapporto con il divino abbia una collocazione geografica: che un arabo, un iraniano, bosniaco o altro siano musulmani tanto quanto un italiano, un irlandese, uno spagnolo saranno cattolici; un giapponese o un tibetano buddisti, e così via.

Quello che viviamo e' un momento storico in cui guerre e scontri tra le religioni sono particolarmente diffusi in tutto il pianeta; mi sembra più che mai il caso di recuperare una visione più ampia, onnicomprensiva del rapporto con il divino, con il trascendentale.

Non è più probabile pensare che ogni luogo abbia sviluppato nel tempo proprie modalità, diventate poi strumenti di potere per il clero dominante della zona, nel rapportarsi con il trascendente? Nello stesso modo in cui, del resto, ha sviluppato una lingua, costumi sociali, o altro?

Ma allora...perché questo accanirsi, così diffuso in questi ultimi anni, contro il relativismo considerato da molti una peste intellettuale? In realtà, il relativismo si basa sul profondo rispetto per tutte le visioni scientifiche, filosofiche, spirituali considerandole come approssimazioni più o meno fedeli ad una Verità per sua stessa natura impossibile da definire a fondo da parte della mente umana.

Ed ecco che quello che affiora è un quadro di un essere vivente, l'essere umano, che nel nostro pianeta tende alla ricerca della comprensione dei misteri ultimi, e questo processo è in continuo Divenire, in continuo perfezionamento, al di là di quello che conviene ovviamente alle gerarchie ecclesiastiche e filosofiche che in quel momento detengono il potere e che hanno tutto l'interesse a convincere che la loro è l'unica e vera visione.

Nelle visioni tradizionali, soprattutto in quelle matriarcali, si riconosce come sorella e fratello chiunque percorra un qualsivoglia percorso di crescita, al di là delle differenze esteriori. Ciò porta inevitabilmente alla tolleranza, al rifiuto della guerra per imporre la propria "verità" a chi la pensa diversamente da noi.

Recuperare il senso di unità ed unicità della vita, questa pellicola di materia in evoluzione verso la consapevolezza e lo spirito che ricopre il pianeta che abitiamo, permette senza dubbio di allargare e trasformare al tempo stesso la nostra consapevolezza senza ritenersi, come pensavo già nell'adolescenza, i detentori dell'unica e vera verità più o meno rivelata.

E del resto... le religioni, spesso, dicono chiaramente quale e' il loro compito ma in maniera tale che nessuno se ne rende conto: ogni volta che si parla di ri-velare, e quindi di religioni ri-velate, si osserva infatti che l'etimologia si parla di qualcosa di velato di nuovo, quindi di nuovamente nascosto. Che cosa può significare, questo, se non un lavoro di copertura del messaggio reale che i maestri, gli iniziati intorno ai quali, molto spesso dopo la loro morte, è nata la suddetta religione, hanno in realtà portato avanti?

Non è un caso, per esempio, che nel mondo cattolico, fino a un secolo fa circa a o poco più, la lettura diretta della Bibbia e del Vangelo fosse fortemente sconsigliata tra i "fedeli", perché si riteneva da parte delle gerarchie che potesse contenere messaggi e realtà scomode...

A buon intenditor poche parole...



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(05/09/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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