Sono troppo arrabbiata. Mi sento male. Povero Andrea Rivera, ingiustamente accusato di essere ignoto al grande pubblico (come se questo fosse un peccato) e di aver esternato in modo ‘confuso’ un discorso da ‘ignorante’ sulle questioni della Chiesa. Di aver offeso il Papa, di aver parlato a un pubblico ‘facilmente eccitabile’.
L’Osservatore Romano stavolta è andato giù pesante. Si vede che il povero Rivera, ignoto al grande pubblico (ma da quando la Chiesa è contro le minoranze?), ha toccato qualche nervo scoperto. Come tutti i saltimbanchi è indigesto al potere; come tutti coloro che hanno dubbi sul procedere delle cose scrivono che è un pazzo, un incompetente, un terrorista. Eppure non sembrava tanto confuso mentre parlava.
Ha espresso appena un paio di concetti in merito alla questione ‘pietà’ (parlando dei mancati funerali a Piergiorgio Welby) e a quella del ‘progresso’ (sottolineando che la Chiesa in duemila anni di storia, coerentemente con le proprie convinzioni, non si è mai evoluta).
L’applauso del pubblico era evidentemente il segno di un consenso, di una idea condivisa che Rivera si è limitato ad esprimere. Perché l’Osservatore Romano indichi nel pubblico una folla facilmente eccitabile non si capisce.
Forse che chiunque esprima idee contrarie, esterni disappunto o semplicemente manifesti l’esigenza di un modo diverso di intendere l’amore debba essere necessariamente denigrato, sminuito, ridicolizzato?
Non bisogna essere Dottori della Fede per poter esprimere un sentimento religioso, non bisogna essere credenti laureati (Rivera si è dichiarato cattolico) per poter esprimere le proprie convinzioni. contro il comico, evidentemente troppo sensibile per un sistema strutturato come quello in cui viviamo, il giornale dei vescovi poteva spiegarcelo ancora una volta come mai la pietà ‘una, santa, cattolica, apostolica’ non ha potuto benedire la salma di Welby.
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