Quando si sceglie un terapeuta in base ai consigli di terze persone, spesso si sentono utilizzare, inizialmente, le frasi “sono in analisi” o “faccio psicoterapia” in maniera indifferenziata.
Questo perché la psicoanalisi, storicamente, è più anziana e quindi più conosciuta, e per molto tempo è stata l’unica modalità di intervento per la psiche umana riconosciuta anche negli ambienti accademici.
Uno dei più grandi meriti della psicoanalisi, a mio avviso, è stato l’aver dato una collocazione diversa a tutti quei disturbi psichici che, fino alla seconda metà dell’ ‘800, erano di esclusiva competenza della medicina.
Non voglio dilungarmi nel descrivere le varie differenze teoriche e di metodo che esistono tra psicoanalisi e i vari tipi di analisi (freudiana, junghiana, lacaniana, ecc.) e le psicoterapie, né mi interessa annoiarvi con discorsi che presuppongono conoscenze specifiche in questo ambito.
Voglio, comunque, farvi riflettere su alcuni termini.
L’analisi, ossia la scomposizione dei vissuti psichici, conduce alla cosiddetta “terapia del profondo”, che comprende l’inconscio come presenza costante e inscindibile dalla parte consapevole di ogni individuo.
Visto che l’inconscio, come tale, non è palese, ossia non ha un linguaggio immediatamente comprensibile, ecco che è necessaria l’interpretazione dei significati delle personalità e dei vissuti interiori da parte di un “intermediario”, cioè l’analista.
Ovviamente, sono molte le peculiarità di questo tipo di approccio, che ha bisogno peraltro di tempi lunghi per portare ad un cambiamento, ma mi limito ad esprimere solo una conseguenza che ha sul “paziente”: ruolo passivo nei confronti di ciò che gli accade, in virtù del fatto che, in ogni caso, tutto verrà “decifrato” dal suo analista e capirà il senso di come vive attraverso di lui.
Dopo la psicoanalisi, a partire circa dagli anni ’50 dello scorso secolo, sono sorti nuovi metodi di intervento perché si sono sviluppate altre teorie sul modo di funzionare dell’essere umano e, di conseguenza, sul modo in cui poterlo aiutare nelle sue difficoltà interiori e nelle sue relazioni.
I diversi modelli psicoterapeutici hanno sviluppato e approfondito, nel tempo, diversi aspetti dell’essere umano (tant’è che l’ideale sarebbe poter utilizzare aspetti dei diversi approcci terapeutici per averne uno veramente completo) e quindi metodi diversificati di intervento.
Alcuni approcci hanno approfondito l’aspetto corporeo ed energetico, altri i processi cognitivi, altri il comportamento, altri ancora le relazioni e i ruoli nei vari contesti, altri hanno considerato anche l’aspetto spirituale, oppure il ruolo dell’esperienza e lo strumento della consapevolezza per creare dei cambiamenti.
Ritengo che, al di là dei vari approcci terapeutici che si possono prendere in considerazione, maggiore è la consapevolezza nella scelta di farsi aiutare psicologicamente e nella scelta di un metodo terapeutico specifico, più velocemente si innescano processi di cambiamento, sostenuti da meccanismi di autoaiuto, a volte inconsapevoli, che tutti noi possediamo come risorse potenziali.
Personalmente, sono un’accanita sostenitrice della scelta consapevole come motrice del movimento in avanti, della spinta evolutiva che si sperimenta all’interno del processo terapeutico.
Partire con la scelta e l’intenzione di attraversare le proprie problematiche personali, immergendovisi dentro per sentirle fino in fondo, è un’ottima strada per superarle, dire loro addio in maniera abbastanza veloce, il ché ritengo sia un’importante componente, visto che abbiamo la possibilità di vivere moltissime esperienze.
Tanti e continui sono gli stimoli che ci arrivano dall’esterno e, tutto sommato, pochi sono gli anni di vita, anche se ne avessimo a disposizione ancora cento da vivere intensamente!
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
Non aver paura di curare la propria anima è benessere
|