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QUALE PERCORSO TERAPEUTICO SCEGLIERE?
Poca è ancora la chiarezza tra la differenza sostanziale delle molteplici forme di cure psicologiche esistenti. Perché e come l'analisi è diversa dalla psicoterapia.

Dott. Maria Rosa Greco. Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt

La psicoterapia o l’analisi ai nostri giorni è uno strumento di aiuto psicologico abbastanza comune, sia in strutture pubbliche che in ambito privato. “Sono in analisi” è la frase usata molto frequentemente anche da persone che, in realtà, non fanno analisi o psicoanalisi (termini questi maggiormente conosciuti), ma che hanno intrapreso un percorso di psicoterapia.

Curiosità circa questi due mondi, l’analisi e le psicoterapie, mi vengono espresse da diversi lettori, in quanto numerosi sono i “qui pro quo” che in questi anni si sono creati a proposito.
Vediamo, quindi, insieme perché nasce questa confusione di termini, e quali sono le differenze sostanziali tra l’analisi e le psicoterapie.

Una delle differenze che connota le varie psicoterapie rispetto alla psicoanalisi è l’elemento durata, ossia la “quantità” di rapporto terapeutico necessaria per arrivare a cambiamenti sostanziali rispetto alle problematiche che spingono ad intraprendere una terapia.

I tempi di una psicoanalisi sono in genere di molto più lunghi rispetto ad una psicoterapia.
Le “sedute” hanno una cadenza più frequente (più di una volta a settimana). Ne consegue un diverso rapporto con l’analista (Vedi Nota in fondo alla pagina). Si sperimenta per molto tempo una relazione di dipendenza reciproca tra paziente e analista.
I tempi delle psicoterapie sono più brevi (2-3 anni in media). In genere le sedute sono settimanali, ed il rapporto con il terapeuta è senz’altro diverso, come lo è il modo di procedere nel processo terapeutico.

Quando una persona sente la necessità di affrontare le sue problematiche psicologiche personali, la modalità di scelta più comune per capire a chi rivolgersi è chiedere consiglio al proprio medico di base o agli amici che già frequentano “quel mondo di pazzi”…
Tale modalità, in genere, comporta che la persona che inizia un percorso terapeutico capisce soltanto dopo avere creato un rapporto di fiducia col terapeuta quale tipo di approccio terapeutico sta utilizzando.

Mi è capitato di parlare con persone convinte che esisteva un unico modo terapeutico: quello da loro sperimentato con il proprio terapeuta o analista.

Può anche accadere che ci si renda conto di non essere in sintonia con un terapeuta specifico, o con l’approccio che esso utilizza. Se questo accade nel bel mezzo di un rapporto di forte dipendenza (di transfert), dovuto anche al bisogno di essere aiutati, può anche non essere facile interrompere la terapia. In questi casi l’acume, l’esperienza, l’esigenza di non trattenere il paziente da parte del terapeuta sono elementi decisivi per captare quello che si sta muovendo nel paziente, quello che sta sentendo.

Ci sono correnti di pensiero e colleghi che ritengono sia in ogni caso corretto decidere, in taluni casi, per il paziente in quanto lui, essendo in difficoltà, ha poca lucidità per poter prendere delle decisioni. Io ritengo, invece, che questa eventualità può essere presa in considerazione solo nei casi di grandi malesseri e obnubilamento della consapevolezza.

Decidere per un altro essere umano, quando questo non è indispensabile è sempre un grande atto di arroganza e di violenza.
Fortunatamente, l’eventualità di non essere in sintonia con il proprio terapeuta o analista non è così frequente in quanto il famoso caso o le famose coincidenze spesso fanno incontrare sul proprio percorso proprio ciò di cui si ha bisogno. Ovviamente, una variabile fondamentale diventa essere svegli per vedere e cogliere quello che il “caso” sottopone alla nostra attenzione.

Nel prossimo articolo approfondirò cosa vuol dire “fare psicoterapia” e vi invito poi a confrontare quanto descritto qui con quanto scriverò in seguito.


Nota: Nel caso in cui il vero processo terapeutico si è già concluso, anche in analisi la frequenza degli incontri può essere diradata. Se si è già in una fase di conclusione della terapia, che può anche durare un pò di tempo, si può impostare un rapporto di confronto che esula dal bisogno di essere seguiti costantemente.


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(18/01/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Non aver paura di curare la propria anima è benessere

  
  
 
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