Riguardo a quest’ultimo punto, Degli Espinosa ha sottolineato quanto dannoso sia il nuovo ricorso alle centrali a carbone (proposto dall’Enel al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio). A tal proposito occorre ricordare che il VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) non considera l’emissione di gas serra, per cui diversi progetti di centrali a carbone possono essere stati approvati senza tener conto delle vere conseguenze.
Il carbone, infatti, a parità di energia elettrica produce una maggiore quantità di gas serra rispetto a petrolio e gas naturale, gli altri due combustibili fossili disponibili. Ricorrere al carbone significherebbe aumentare la quantità di gas serra da smaltire secondo Kyoto, e quindi renderebbe necessario ridurre i consumi in maniera sproporzionata per un buon rendimento economico.
Inoltre, il carbone non è adatto al processo di cogenerazione. Piuttosto, l’idea è quella di ridurre i consumi diminuendo fortemente la quantità di petrolio utilizzato, mantenere costante l’utilizzo del carbone e far recuperare al gas una parte del debito energetico che si avrebbe con la riduzione dell’uso del petrolio. Per quello che avanza, si stringe giustamente la cinghia.
Per ogni area d’attività, Espinosa espone il suo Piano: per il settore elettrico, una maggiore efficienza degli elettrodomestici e dei motori elettrici industriali, il ricorso alla cogenerazione ed alle fonti rinnovabili; per il settore dei trasporti, che assieme a quello elettrico è fra i maggiori responsabili dell’emissione di gas serra, si propone una migliore ripartizione dei passeggeri e delle merci, incremento del carico, miglioramento tecnologico degli automezzi ed incentivi per le macchine a gas; per il settore civile si punta alla riqualificazione del mercato della ristrutturazione.
Il settore industriale è quello più problematico, perché richiederebbe un rinnovamento tecnologico a cui l’Italia ancora non riesce a far fronte.
Durante l’incontro, oltre alle tematiche inerti strettamente il Piano d’Azione, sono emersi importanti spunti di riflessione: il Senatore Edo Ronchi ha sottolineato la necessità di un’azione immediata e soprattutto il ricorso ad una coordinazione nazionale, che metta assieme costruttori, sindacati, biologi e dirigenti pubblici (tema che riprende quello dell’incontro di un anno e mezzo fa fra settore scientifico e settore edilizio: “La pianificazione incontra la Conservazione”).
Dal canto suo, Franco Foresta Martin è intervenuto sottolineando come l’assenza di un’azione immediata porterebbe l’Italia, oltre che a subire gravi danni ambientali, anche a dover investire non più lo 0,5% del proprio PIL per il risanamento, ma ben il 20% circa. Il giornalista ha anche affermato la necessità di invertire la tendenza che vede aumentare il divario fra la velocità (o lentezza) di attuazione dei piani ed la variabilità dei dati scientifici, anche a causa dei repentini cambiamenti in atto. Ciò nonostante, a Nairobi è stata presa la decisione di rimandare il dibattito sulle questioni più gravi riguardanti il protocollo all’incontro che si terrà nel 2008.
In finale, sembra che una speranza per ridurre le emissioni di gas serra, almeno da parte dell’Italia, ci sia, ma è necessario un intervento tempestivo, anche considerando che questo Piano d’Azione ha l’obiettivo di tracciare le linee di un’inversione di tendenza, ma non si propone affatto come soluzione finale al problema.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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