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Tralasciando gli scontati ambiti professionali dello spettacolo o della prostituzione che nell’antica Roma spesso si sovrapponevano e nei quali le donne dovevano far fronte alla forte concorrenza maschile, le signore non disdegnarono neppure il rude mestiere gladiatorio come attestato da testi letterari e giuridici oltre che da epigrafi.

Sembra che soprattutto durante il regno di Nerone e di Domiziano gli spettacoli di combattimento fra donne andassero per la maggiore tanto che lo Stato dovette intervenire con una legge che limitava il mestiere di gladiatore alle sole donne di rango inferiore vietandolo tassativamente alle parenti dei cavalieri e dei senatori.

Le nobili signore appassionate di questo sport da “uomini veri” non si persero d’animo ed alcune di loro si dedicarono all’imprenditoria gladiatoria, come nel caso di una ricca donna d’affari dell’isola di Taso che era proprietaria di un’agguerrita squadra di gladiatori. Fortunatamente, però, troviamo altre ricche signore particolarmente attive in ambiti imprenditoriali meno cruenti, soprattutto in quello edile e in quello tessile.

Un po’ meno edificante, certamente, era ancora un’altra attività esercitata dalle donne: il prestito di denaro. Però, come ebbe a dire l’imperatore Vespasiano al suo schizzinoso figlio Tito che lamentava il fatto che il padre avesse sparso per Roma i suoi celebri “vespasiani” a pagamento, pecunia non olet, “il denaro non puzza”.
Le donne dell’antica Roma lo sapevano bene...


(24/11/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


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