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Le donne romane, pur se talvolta in sordina o dietro la toga dei loro illustri consorti, si occuparono a tempo pieno di politica ed è innegabile che molte di loro abbiano influenzato il corso della Storia.

L’elenco dei loro nomi è lungo ed annovera figure che sono giunte ai nostri giorni infangate e diffamate da autori maschilisti e sessuofobi: Tanaquilla, Tullia Minore, Lucia Domna, Messalina, Agrippina Maggiore e Agrippina Minore, Fulvia, Faustina, la “straniera” Cleopatra... tanto per citarne solo alcune.

I contemporanei di Livia, moglie di Ottaviano Augusto, riferendosi alla coppia imperiale dissero che “Augusto governa Roma e Livia governa Augusto”... Infatti, al di là delle malevoli dicerie tramandateci dagli storici di parte senatoria, l’augusta matrona era dotata di reali capacità politiche, costantemente consultata da Augusto nelle questioni di Stato, ma pur sempre ligia alla più autentica tradizione femminile romana.

Livia, infatti, sapeva filare la lana ed insieme alla figlia e alla nipote di Augusto tesseva con le proprie mani le vesti dell’imperatore e quelle di tutta la famiglia.

La matrona romana dell’età imperiale, dunque, è ancora fiera di potersi fregiare un giorno dell’epitaffio di lanifera (che fila la lana), ma affida ormai ad altre donne, non solo alle schiave, l’esecuzione pratica di molti compiti che in epoca repubblicana doveva svolgere personalmente. Troviamo così donne che lavoravano in casa della cliente o nelle botteghe esercitando le attività più disparate.

La professione per eccellenza era quello della nutrix, la balia, o della obstretix, la levatrice, ma erano altrettanto numerose le donne occupate nel settore dell’estetica: la tonstrix (parrucchiera), la tractatrix (massaggiatrice), l’ornatrix (pettinatrice), la sarcinatrix, la guardarobiera. A proposito di quest’ultima attività, un curioso ma tragico incidente sul lavoro è riportato dal medico Celio Aureliano (V secolo) che nel suo testo Malattie acute narra quanto accaduto ad una rammendatrice.

La donna aveva preso «per raccomodarla una clamide strappata dai morsi di un animale affetto dalla rabbia; avvicinava con la lingua i bordi dello strappo e mentre cuciva leccava i punti in cui i pezzi venivano accostati perché l’ago passasse più facilmente». Dopo pochi giorni la poverina fu colpita dalla rabbia ed in breve morì.

Abbiamo, poi, una serie di mestieri alcuni dei quali non si è certi se fossero esercitati dalle donne in prima persona o solo come mogli di artigiani: l’alicaria (pasticciera), la tabernaria (che gestisce una taverna), la centenaria (commerciante in stracci), la sutrix (ciabattina), la coronaria (una specie di fioraia), la furnaria (panettiera), la margaritaria (venditrice di perle), la negotiatrix leguminaria, olearia o vini (la negoziante di legumi, di olio o di vino), la notaria o la libraria (segretaria) e tantissime altre ancora.

Molte donne, poi, lavoravano in piccole officine insieme ai mariti, in imprese più grandi con operai alle loro dipendenze come, ad esempio, le purpunariae, le tintore di porpora, o persino nel grande commercio del garum, dell’olio e del vino.


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