Le lavoratrici madri vivono giustificandosi. Ma nel mondo del lavoro non esistono giustificazioni per un bambino che si ammala (dopo il primo anno di età sono previsti solo cinque giorni l'anno di assenza per malattia del figlio, non retribuiti), non dorme la notte, vorrebbe vedere sua madre più di mezz'ora al mattino e un'ora alla sera.
L'essere stanchi al ritorno dal lavoro è purtroppo per moltissimi uomini ancora una motivazione che ritengono assolutamente valida per non alzare un dito dal momento in cui varcano la soglia di casa fino a quando non escono il mattino successivo.
Ma la donna che torna esausta dal lavoro non fa altro che iniziare un "secondo turno": fa la spesa lungo la strada, cucina, dà la pappa al bambino, lo lava, lo mette a nanna, pulisce la casa, fa il bucato, finchè non crolla addormentata per ricominciare da capo la mattina dopo: rifà i letti, prepara la colazione, ritira i panni, accompagna il bambino a scuola, corre al lavoro arrivando affannata all'ultimo istante, guardata male dai colleghi maschi, dalle poche donne dirigenti - nubili o ricche di famiglia, con tre baby sitter e domestiche al proprio servizio - e dalle stesse ragazze fresche di studi, truccate, ben vestite, rampanti e incuranti di problemi che loro stesse prima o poi dovranno fronteggiare, e che, per il momento, sono già lì dalle otto di mattina...a chiacchierare alla macchinetta del caffè.
Quando una donna ha un figlio svolge un compito sociale di primaria importanza, per il quale dovrebbe essere tutelata nel migliore dei modi e messa in condizione di aprirsi alla maternità senza ansie e senza limiti non dipendenti dalla propria volontà. Eppure la politica continua di fatto ad ignorare il problema, al di là delle parole vuote e dei provvedimenti ridicoli (1000 euro di bonus a partire dal secondo figlio: ma questi signori sanno quanto costa avere un figlio?).
"Per crescere un figlio ci vuole un villaggio", dice un proverbio africano. Oggi un paese che voglia dirsi civile dovrebbe:
- provvedere all'apertura di asili nido e scuole materne in grado di soddisfare in maniera capillare le esigenze della popolazione;
- assicurare alla madre (o al padre) uno stipendio statale almeno fino al terzo anno di età del bambino e consentire fino a quell'età al genitore di accudirlo personalmente, garantendo la conservazione del posto di lavoro, come peraltro già accade in Germania;
- retribuire completamente i mesi di astensione facoltativa per maternità;
- sostenere la responsabilità paterna istituendo, come già è previsto dalla legislazione svedese, l'obbligo dell'astensione maschile dal lavoro per alcuni mesi per "paternità";
- riformare la scuola in considerazione dei mutamenti sociali avvenuti negli ultimi cinquant'anni e far coincidere l'anno scolastico con le esigenze dei genitori lavoratori, prevedendo, all'interno dell'orario, anche attività formative diverse, a partire dall'offerta seria di attività sportive, un lusso oggi quasi sempre relegato alle costosissime scuole private;
- mettere ogni scuola in condizione di attivare servizi di "scuolabus" per portare e riaccompagnare i bambini alle loro case;
- stabilire una flessibilità nell'orario di lavoro di chi ha figli;
- tutelare le donne che svolgono lavoro precario, impedendo il licenziamento "per maternità".
Con questi provvedimenti di certo verrebbe meno il 90% dei motivi di penalizzazione e discriminazione femminile sul lavoro e il risultato non potrebbe che essere una crescita del benessere collettivo e conseguentemente dell'economia della Nazione.
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