L’aspettavo da tanto, come tanti. Film, titolo, protagonista; un argomento troppo seducente per non andarlo a vedere. Certo una commedia, dialoghi brillanti e colonna sonora orecchiabile, niente di serio, nessun motivo per pensare. Un’ora e mezza di puro godimento.
Ma –a parte quei dieci minuti di passione modaiola che dà a ogni donna una visione miracolosa di se stessa con l’abito firmato addosso- un certo senso di disagio mi coglie a metà della storia. Lei, la giovane in cerca di lavoro che sa scrivere, che ha coraggio e talento, accetta un’occasione allettante ma non appropriata alla sua formazione. Insomma, lei si è cimentata con articoli sul sindacato per il giornale della scuola e adesso si ritrova a fare l’assistente per una ‘tigre’ della più autorevole rivista di moda.
Il capo è spietato, capriccioso, isterico; ha richieste assurde, al di là del lecito e dell’umano. Eppure la ragazza ci prova ad essere all’altezza, a vincere la sfida in una gara che non è la sua specialità. E quando, dopo molto impegno, riesce a capire come funziona quel mondo e scopre che il talento si applica anche a quel suo strano impiego, tutto il suo ambiente –amici e affetti- non glielo perdonano. La sua amica –la stessa che abbraccia commossa la borsa di grido che le viene regalata- le rinfaccia di non essere più la stessa, di non poterla quasi riconoscere. E lo fa mentre è in corso l’allestimento di una sua mostra fotografica con gente chic che le fa complimenti mentre sorseggia aperitivi. Il suo ragazzo, invece, proprio non ce la fa a passarle il clamoroso ritardo alla festa di compleanno, nonostante lei si presenti, scandalosamente bella e dispiaciuta, con una piccola torta in mano.
No, lui non riesce a capire che il nuovo lavoro sconfini, rubi tempo alla vita privata, sottragga attenzione alle vecchie abitudini. Mette il muso e se ne va a dormire. E poi alla fine, quando lei ha capito che gli articoli sul sindacato erano il vero faro da seguire e si spoglia degli abiti da modella che l’avevano trasformata da papera in cigno, lui rivela con grande candore che ha appena avuto una proposta incredibile: fare il secondo chef in un grande ristorante di Boston, dove lei potrà seguirlo…
Non è detto che l’evoluzione del ruolo femminile nel mondo del lavoro debba ricalcare gli stereotipi del modello maschile. Non è vero, infatti, che valga sempre la pena passare le serate in ufficio e che sia giusto rendersi reperibili oltre qualsiasi forma di privacy. Ma se è un uomo che arriva tardi a un compleanno ed è nervoso per una giornata andata storta eccetera eccetera non c’è donna che non abbia il dovere di comprenderlo.
Perché lui lo fa per la famiglia, per un senso di responsabilità lodevole, perché le sue capacità e la sua ambizione possono naturalmente fargli fare una brillante carriera (il che è un diritto oltre che un auspicio). A una donna che si comporti nello stesso modo –come accade in questo film- nessuno dà una mano, una parola di sostegno, un pensiero di ammirazione.
Una donna che riesce deve farlo senza recare disturbo; deve chiedere scusa, rimetterci qualcosa, pagarla più cara. La morale corrente non prevede che esistano per la donna margini di comprensione, di tolleranza, di spinta verso il raggiungimento di una felicità professionale. E lo dimostra il fatto che nessun aiuto arrivi neppure dallo Stato.
Le donne non corrono sullo stesso terreno, non hanno la stessa qualità di scarpe, non sono sottoposte alle stesse regole. Gli arbitri sono per la maggior parte uomini, e invece di sparare in aria per il segnale di ‘via’, sparano contro le atlete per fermarle. Qualcuno dirà: ma in fondo la giovane segretaria non faceva che la sguattera, la schiava personale di una pazza senza equilibrio emotivo. Eppure da quello stravagante, insopportabile capo, lei ha imparato a non essere un’esecutiva, ad anticipare gli eventi, ad andare oltre l’ordine prevedibile, e che un po’ di stile nella vita non guasta.
Resta poi sempre da provare che un piatto di spaghetti ben fatto sia motivo più fondato di soddisfazione rispetto a un cappotto ben abbinato sui tacchi a spillo. In fondo non ci sono argomenti insignificanti su cui scrivere, ma solo modi insignificanti di farlo. “L'etica sta nel modo di lavorare” .
Dall'unione dell'anima e del corpo nasce il benessere
|