E’ estate e si muore dal caldo. Espressione abusata, ma accettabile, finché le persone, dal caldo, non cominciano a morirci davvero. E’ quello che anche quest’anno sta succedendo in Francia, in nord e sud-america, in Asia e qualche volta anche in Italia.
I mass media alternano posizioni allarmistiche a richiami alla normalità e il cittadino non sa più cosa pensare. Siamo in una situazione ordinaria o straordinaria? Ricordare il caldo, si sa, è difficile e mia nonna, ogni anno, mi assicura che lei, un estate così calda, in vita sua non l’ha mai vissuta…
Chi scrive è quindi scettico sugli allarmismi legati alle estati più calde del secolo e agli inverni più freddi, più piovosi, più nevosi… al massimo li trovo più noiosi.
Per lo stesso motivo, quindi, invito il lettore a leggere un articolo scritto qualche tempo da una collega su questo stesso tema (L'inverno piu' freddo degli ultimi 1000 anni...).
Però… Però è innegabile che qualcosa sta succedendo. Se è vero, che fin da bambino ricordo mio zio allarmato per la siccità (e per il divieto di bagnare le piante) e anche vero che ieri sera, osservando le immagini delle cascate brasiliane senza acqua, sono rimasto negativamente colpito.
Allo stesso modo, bisogna ammettere, che al di là dell’allarmismo sciocco dei media, qualcosa sta veramente cambiando e anche molto, troppo, rapidamente.
Come tutti sanno, non esistono più le mezze stagioni. Queste si narrano nei libri di storia e chi, come me, è nato alla fine degli anni ’70 fatica ad immaginarle queste mezze stagioni.
Ma è innegabile che la situazione climatica sta diventando sempre più insostenibile. Le americhe negli ultimi anni hanno avuto un aumento impressionante di uragani, tifoni incendi, siccità e altre devastazioni di origine climatica.
I nostri mari si stanno riempiendo di pesci tropicali. Le correnti dei mari del nord rischiano di cambiare, sconvolgendo così l’intero pianeta. In Inghilterra e in Irlanda stanno scoprendo cosa sono i costumi da bagno e il caldo.
Insomma, questo povero pianeta il tanto vituperato effetto serra lo sta sconvolgendo per davvero.
Ovviamente, gli Stati Uniti e Bush continuano a negare ogni evidenza e ad inquinare a più non posso. Ovviamente in Cina e in India il “progresso” è inarrestabile e su questo, milioni di cinesi si stanno immolando, tra aria veramente irrespirabile, tossine e malattie conseguenti.
Ma le colpe non vanno cercate solo nei paesi lontani. Noi, i saggi, gli antichi, gli europei, che dovremmo dare l’esempio, il più delle volte, come dementi, preferiamo seguire il loro di esempio. Quello degli americani. E così… e così negli ultimi anni milioni di italiani hanno improvvisamente deciso che non possono rinunciare al condizionatore d’aria. Certo, con questo caldo!
Peccato che il caldo crescente (se veramente sta crescendo) è legato all’inquinamento e i condizionatori siano, direttamente e indirettamente, tra i maggiori fattori di inquinamento.
Non si vuole condannare l’ufficio che ha installato il condizionatore per rendere la vita dei propri lavoratori più umana. Quello è ancora sostenibile. Ma il fatto che milioni di persone decidano di installare il condizionatore nella propria abitazione è il tipico comportamento dei lemmings, simpatici animaletti che, a un certo punto, decidono di suicidarsi in massa.
Quindi la strada che abbiamo intrapreso è questa: odiamo il caldo e temiamo i black out. Quindi facciamo il possibile per contribuire ad un ulteriore innalzamento della temperatura e dei consumi (i condizionatori consumano tantissima energia elettrica, costringendoci ad importarla da altri paesi e a incentivare l’utilizzo di petrolio, carbone e altre simpatiche fonti di inquinamento).
Quindi, invece di lamentarci sempre e di accusare gli americani, i cinesi, la borghesia, il comunismo o la sfiga, potremmo cominciare a spegnere in condizionatori quando non indispensabili e a spendere quei soldi per installare in casa sistemi che isolino dal caldo o per trascorrere qualche giorno in una località più fresca. Ovviamente, spostandoci in treno.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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