“Non so voi, ma per quanto mi riguarda sento che siamo arrivati a un punto critico della vita su questo pianeta”.
Così esordisce Riprendere i sensi (Corbaccio Edizioni), l’ultimo libro di Jon Kabat - Zinn, già conosciuto dal pubblico italiano grazie al successo di Dovunque tu vada ci sei già.
Kabat –Zinn (Ph. D), oltre ad essere attualmente professore presso la Facoltà di medicina dell’Università del Massachusetts, è prima di tutto colui che ha creato e sviluppato il programma di Mindfulness – Based Stress Reduction, fondando nel 1979 la Clinica per la riduzione dello stress, in cui ai pazienti vengono insegnate le pratiche di meditazione buddista (sebbene “non il buddismo”, ci tiene a specificare). Ma non è tutto, Kabat – Zinn è, infatti, uno dei pionieri del dialogo tra spiritualità e scienza, in quanto tra i protagonisti degli incontri tra Dalai Lama e neuroscienza.
L’abbiamo incontrato a Milano, per parlare del suo libro e della fondamentale unione, da lui sostenuta con passione, tra questi due mondi: meditazione e scienza.
D - Quando ha iniziato ad interessarsi del felice connubio tra meditazione e scienza?
K –Z In Riprendere i sensi parlo più volte di questo “incontro”, che è il risultato di un profondo percorso personale. Nel capitolo “Prima di morire” racconto di quando frequentavo come studente il corso di specializzazione al Mit e vidi l’annuncio di un incontro con un maestro di meditazione zen. Ora non saprei dire il perché, ma mi iscrissi subito e da quel momento posso dire che la mia vita è cambiata.
Dopo avere frequentato il corso, mi sono subito chiesto come mai al Mit non ci si occupasse di queste cose, anche se il maestro zen in questione era stato invitato da un professore di filosofia.
Da parte mia ho cominciato subito a praticare la meditazione, provocando dentro di me la necessità di cercare come si potessero conciliare la scienza e la meditazione.
D - E’ cambiato molto il rapporto tra meditazione e scienza dall’epoca in cui Lei fece la sua prima esperienza?
K – Z - Rispetto all’epoca le cose sono cambiate molto, infatti, oggi la meditazione è molto studiata anche nella neurologia. Di recente, inoltre, c’è stato un convegno di 14.000 neuroscienziati a cui ha partecipato il Dalai Lama, in cui è stato applaudito e ascoltato. Questo sarebbe stato impensabile anche solo qualche decennio fa.
Oggi invece nella prassi della ricerca neuro - scientifica vengono fatte regolarmente scansioni in risonanza magnetica nel cervello di persone che meditano. Sia di maestri e monaci, sia di persone comuni che hanno imparato da poco a meditare. Con la risonanza magnetica si può osservare come funziona il cervello durante la meditazione.
Comunque già quando finii i miei studi l’interesse per l’argomento era alto. Nella prima parte del capitolo “Prima di morire” del libro, racconto di quando ho discusso la mia tesi di dottorato con il Prof. Salvatore Luria, premio nobel in biologia molecolare. Mi ricordo che avevo messo come frase iniziale della tesi “colui che muore prima di morire non muore quando muore” e che l’attenzione di tutti i professori presenti si concentrò esclusivamente su questa frase. E’ stato sorprendente discutere una tesi in biologia in questo modo!
Allo stesso tempo, io sono cresciuto all’epoca di C.P. Snow, un grande scienziato e filosofo britannico, che parlava di two cultures, ovvero della divisione tra scienze e discipline umanistiche. Inoltre nella mia famiglia mio padre era un famoso immunologo molecolare mentre mia madre era una pittrice non nota, ma molto prolifica. Sono cresciuto, quindi, nella separazione di queste due culture che sembrava non si parlassero. Se mio padre andava in un museo e vedeva dei quadri, non li vedeva con le stesse luci e le medesime ombre con cui li vedeva mia madre. Fin da bambino, quindi, ero interessato a carpire questi due differenti modi di percepire la realtà e la pratica della meditazione per me è stata un modo per unire e collegare questi due mondi e modalità che in realtà non sono separate.
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