Ho un meraviglioso cane nero di otto anni. In questo momento si sta rotolando nel giardino della casa al mare e ogni tanto sale in veranda, ci dà una zampata e pretende una carezza. Anzi, più di una.
Alba ha vissuto quattro mesi nel canile comunale di Porta Portese a Roma. Non conosco la sua storia, ma so che dopo due mesi di vita qualcuno ha deciso che non c’era posto per lei e l’ha portata lì.
Il 3 ottobre del 1996, Alba non lo sapeva ma era il suo giorno fortunato. Si trovava in una gabbia dal fondo di cemento, umida di urina, umida di autunno, circondata da altri cani ululanti, soli e tristi. Alessandro e io siamo entrati nel canile un po’ timorosi, sentendo l’aria densa di dolore e speranza. Abbiamo dato un’occhiata ai cani del piazzale, uno più bello dell’altro, poi ci hanno fatto visitare la parte più vecchia del canile, che per fortuna tra poco verrà sgomberato. Notiamo che le gabbie sono molto più strette di quelle del piazzale, lunghe una volta e mezzo Alba (incrociata con un pastore belga) e larghe tre volte le sue spalle. Alcuni cani sono legati fuori, perché non c’è spazio. Non sappiamo chi scegliere. La madre di Alessandro ha detto che deve essere di taglia piccola e pelo corto… Alessandro si ferma davanti ad una gabbia: non ha visto chi c’è dentro, ma qualcuno gli ha leccato silenziosamente la mano. Ed eccola lì, la “buffa pelosa”, timida e piccola. Pelo lungo e taglia grande, ma è nostra.
Qualche anno dopo ero volontaria al canile e di storie di questo tipo ne ho viste tante. Ho scelto il turno del lunedì mattina: alle 9:00 in canile, ma se arrivi più tardi o se hai un impegno e per quel giorno non vieni, nessuno si lamenta, basta avvisare. Già da fuori senti i latrati dei cani. I dipendenti del canile (gli ausiliari) puliscono le gabbie “ufficiali”, noi volontari i gabbioni: a causa della carenza di spazio, cuccioli e cuccioloni vengono sistemati in grosse gabbie di ferro e tenuti nel cortile, e visto che sono in surplus i dipendenti non sono tenuti a pulirle né a dare cibo ai cani.
Appena entrati, subito nello spogliatoio per cambiarsi le scarpe (da disinfettare prima della fine del turno) e i pantaloni (quando finisci sei coperto di zampate di fango). Una carezza al cagnone tenuto nello spogliatoio (fortunato, in inverno al calduccio e sempre coccolato) e si va a tirare fuori i gabbioni dal corridoio.
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