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Per ciascun dubbio comincia una discussione che può durare alcuni secondi o anche un paio di minuti... e le schede per le amministrative sono circa 550. Anche in questo caso all’entusiasmo di chi ancora non sa a cosa va incontro (il presidente e gli scrutatori esperti già immaginano la nottata) si sostituisce lentamente la stanchezza per la ripetitività dei gesti, dei conteggi delle schede, suddivise in un’infinità di mazzette per lista o partito. Ormai i banchi affiancati per appoggiarle tutte sono diventati una quindicina: una scena kafkiana, che ci ammonisce sui funambolismi partitici che realizza il nostro sistema proporzionale

In questi momenti si può cercare capire da vicino la mentalità e il profilo degli elettori. Da tempo le statistiche e la stampa in generale si dedicano a spiegarci che gli elettori di un certo partito sono ricchi o poveri, colti o ignoranti, impegnati o distratti, giovano o vecchi. Ma qui vedi le facce delle persone al voto, le loro incertezze, i comportamenti. E quando apri le schede intuisci molte altre cose su chi può avere votato cosa.

I segni tracciati in modo incerto o sbilenco si trovano molto più spesso su certi partiti, mentre in altri casi si nota una mano particolarmente ferma o disinvolta. Allo stesso modo è molto più frequente che gli elettori di alcune liste esprimano anche delle preferenze personali sui consiglieri, mentre per altri partiti ci si limita spesso a mettere la croce sul simbolo. Allora rivedi le facce delle persone che ti sono sfilate davanti nelle ore precedenti e istintivamente giochi ad associarle.

Passano le ore, si arriva ai conteggi finali, e le urgenze fisiologiche si mettono di traverso alla democrazia. Siamo stati chiusi per sette/otto ore filate a contare e ricontare, ora alcuni di noi avvertono il bisogno: accelerare, o infrangere il regolamento e regalarci una piccola pausa? Si decide per un breve stacco: si esce tutti insieme dalla sezione, siamo liberi per cinque minuti, durante i quali ci si sciacqua la faccia, si fanno due piegamenti, si fuma una proibitissima sigaretta. Al rientro molti sfoderano il panino, attenti a non macchiare le schede di maionese, e si dà il via alle somme conclusive per le amministrative. Il conto, miracolosamente, torna. Gli elettori della nostra sezione hanno avuto voce.

Nuova pausa, fuggono persino i rappresentanti di lista, che non hanno troppa voglia di ricominciare tutto da capo per le circoscrizionali: ormai è mezzanotte e mezza e per la scuola, oltre agli scrutatori, si aggira ancora solo qualche giovane candidato per i consigli di zona e qualche poliziotto. Il tempo non passa più, ormai agiamo in maniera perfettamente ripetitiva e automatica; l’atmosfera di stanca lotta contro il tempo è ravvivata da qualche voto annullato per irregolarità assortite (come un accorato “buffoni mangiasoldi!” a tutta scheda).

Arrivano le quattro di mattina, si tirano le somme anche per i consigli di zona. Preghiamo, più per sonno che per spirito civico, che il conto torni. Invece no, risulta un voto in meno rispetto alle schede contate. Niente panico, non ce n’è la forza, solo scoramento. Poi uno di noi ricorda di un voto dubbio, che abbiamo valutato cinquanta volte, per poi decidere di inserirlo. Probabilmente è lui il responsabile. Probabilmente. Lo eliminiamo, ed ecco i totali corrispondere.

Sono le quattro e quarantacinque quando usciamo dalla scuola, dopo aver riconsegnato tutto in sacchi giganteschi, riempiti e sigillati con amorosa e sonnolenta dedizione (la perdita di una matita copiativa può significare un po’ di galera per il presidente di seggio). Fuori sta spuntando l’alba e vicino c’è un fornaio aperto che quasi mi attira. Mi accendo una sigaretta, finalmente. E’ nella calma di questi minuti che intuisco perché tante persone preferiscono prendere l’umanità e la democrazia a piccole dosi.


(31/05/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


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