Come anche il giorno prima, vanno e vengono i rappresentanti di lista, distesi e tranquilli per il momento, sanno che la loro ora verrà con lo scrutinio. Anche loro sono un mondo a parte: ognuno a suo modo è un personaggio da commedia dell’arte, così come le loro interazioni. E’ affascinante vedere che spesso i loro corpi e le loro parole incarnano veramente lo spirito del partito che rappresentano.
Si capisce che c’è più tempo per riposare, per distrarsi e chiacchierare. Soprattutto per impostare quella campagna militare che sarà lo scrutinio delle schede, a partire dalla chiusura dei seggi. Alle 15 verremo sequestrati, chiusi nella nostra sezione senza poter uscire per nessun motivo, almeno fino a quando non si sarà completato lo scrutinio delle amministrative.
Prepariamo i primi di una serie infinita di sacchi e buste che serviranno a rispedire il materiale, i verbali e le schede. “Il sacco 33 bis andrà accluso al sacco 36 ter, contenente le schede contestate, nulle e bianche, fasciate con lo spago in mazzetti separati. Sul verbale di scrutinio si annoterà per ciascuna operazione la sequenza e l’orario… si chiuderà nella busta 32 cir, che verrà chiusa con la carta gommata sulla quale sarà apposto il timbro del ministero e le firme di almeno due scrutatori”…
Sembravano parole sepolte decenni fa, invece la burocrazia, quella mitologica, è tutta qui. A una sensazione di sorda frustrazione, si mescolano il sorriso e quasi un senso di tenerezza: in fondo queste minuzie regolamentari, questa micidiale rete di accorgimenti, è la difesa che abbiamo eretto intorno alla sacralità del voto. Non è la burocrazia per la burocrazia: almeno qui e oggi se ne tocca con mano il fine, e magari si sorride e ci si arrabbia meno del solito.
Ma saranno un pomeriggio e probabilmente una notte molto lunghe. Ci attrezziamo: dopo la pausa pranzo molti scrutatori rientrano con un sacchetto del supermercato, o almeno con il panino e la banana nella borsa. Chi ne ha bisogno si porta degli integratori e i propri medicinali. E si attendono le tre, quando suona la campanella che dichiara chiuso il voto.
Epilogo (un pomeriggio e una lunga notte)
Alla presenza dei rappresentanti di lista, che devono stare lontani dalle schede, si aprono le urne e si rovescia una montagna di carta su dieci banchi che sono stati uniti al centro dell’aula. La conta è un lavoro massacrante, che si conduce secondo la particolare tecnica di ciascun presidente di seggio. Insieme al presidente due scrutatori prendono le schede e ne leggono il contenuto.
Prima si accatastano le preferenze dirette per i sindaci, successivamente quelle che esprimono un voto per un lista, infine quelle che contengono anche una preferenza per un consigliere. Gli altri due scrutatori si dispongono ai lati, con i registri davanti, e spuntano ogni voto sulle tabelle prestampate, ripetendo ad alta voce a ogni chiamata del presidente il numero di voti per ciascuna lista o candidato.
Un lavoro estenuante, ma anche in questo caso si animano situazioni divertenti o paradossali. Soprattutto diventano protagonisti i rappresentanti di lista, che in continua contrapposizione discutono sull’interpretazione da dare ad alcuni voti. Ci sono le croci tracciate male, le preferenze espresse in modo ambivalente o duplice, e tante schede al confine tra validità e annullamento.
Ogni volta si tratta di decidere fra l’applicazione rigorosa e letterale del regolamento – non sempre possibile – e la comprensione delle intenzioni dell’elettore, al di là di mezze cancellature, segni strani, croci imprecise.
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