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Quella risata è la stessa risata di mio nonno. E’ una risata che si oppone allo squallore che la vita ci propone, una risata che squarcia il velo di merda delle fogne a cielo aperto indiane o del cemento e del cinismo ed egoismo a cielo aperto occidentale. Una risata che ti riconcilia con la vita proprio laddove questa sembra arrendersi alla morte.

Mio nonno amava dissacrare. Eppure aveva un’eleganza e una classe di un tempo che oggi non esiste più. Impossibile descriverlo. Orribile ricondurlo al concetto precostituito di “nonno”. Molti di voi staranno pensando ai loro nonni. Ma non c’entra niente. Non esistono nonni, vecchi, giovani, anziani, adulti, bambini. Esistono solo esseri umani. Unici e irripetibili.

Il giorno in cui capiremo che vanno abbattute le ghettizzazioni in cui ci stiamo rinchiudendo, in cui elimineremo le caste occidentali, tutte incentrate sull’età più che sul reddito, forse potremo sperare in una società che possa presentarsi come esempio nelle zone più “povere” del mondo.

Ma noi ci ostiniamo a far prosperare questa società decadente e oppressiva in cui viviamo, in cui l’età media dei protagonisti di un film o di uno spot è 30 anni e quella della popolazione 60, in cui l’anziano non esiste, se non in politica. In cui esiste un termine osceno come “vecchio” e uno altrettanto aberrante come “giovane”. In cui si vivono e si frequentano esclusivamente “coetanei”, impedendo così ai più giovani di imparare dai più anziani e ai più anziani di prendere nuova linfa dai più giovani.

Noi viviamo tra depressione, inquinamento, problemi di soprappeso, frustrazioni lavorative, precariato, Prodi e Berlusconi, reality show e pornografia, sesso represso e sesso esibito, animali in gabbia, cibo avariato, aviaria nel cibo.

Com’è possibile?

E perché, se entro in una scuola italiana vedo facce svogliate, violenza, noia e se vado in una baraccopoli indiana vedo gioia, sorrisi, vita? Perché per ritrovare queste risate, ora che mio nonno se ne è andato, devo cercare nei miei ricordi, anziché per le strade del mio paese?

Nella società che invecchia, i vecchi non sono gli ottantenni. I vecchi siamo noi, più o meno nuove generazioni inerti che si limitano a prosperare economicamente e morire spiritualmente. Ma tanto per non sbagliare, riusciamo a importare tutto il nostro vuoto in ogni angolo del mondo.

Con lui e con mia nonna, ho imparato cos’è l’amore. Ho imparato la meraviglia delle piccole cose. Ho imparato cosa significa conquistarsi finalmente la patente a 45 anni, con i propri risparmi. Ho imparato la meraviglia di un tempo che fu, l’incredibile potenza della semplicità, la prorompente energia della generosità, della canzone, del ballo lento, armonioso, innamorato.

Grazie Lucio.

Ciao Lucio.


(03/05/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Dall'unione dell'anima e del corpo nasce il benessere

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