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Lo stenting carotideo, pur nel rispetto di precise indicazioni cliniche, sta avendo un’enorme espansione nei paesi con sistemi sanitari evoluti. I progressi tecnologici hanno infatti portato alla diffusione di materiali e dispositivi di protezione cerebrale in grado di ridurre notevolmente la frequenza di complicanze peri-operatorie rispetto all’esordio della metodica, soprattutto per quanto riguarda il rischio di embolia cerebrale.

L’intervento con stent elimina l’incisione chirurgica e il rischio di lesione dei nervi cranici, la mininvasività inoltre si riflette in un periodo di degenza più breve, spesso in day hospital, e permette un più rapido recupero del paziente.

Esistono tuttavia ancora alcuni limiti legati all’applicazione degli stent. Spesso, ad esempio, il trattamento endovascolare non risulta praticabile sia per la tortuosità dei vasi sia per la presenza di materiale trombotico al loro interno, o di lesioni delle pareti dei vasi che rendono difficile l’accesso. Un altro problema legato all’utilizzo di stent consiste nella proliferazione di tessuto cellulare all’interno dello stent stesso e quindi l’aumento di rischio di ‘restenosi’ (per questo motivo è in valutazione l’uso di stent medicati o a rilascio di farmaco ‘anti proliferazione’ anche per il trattamento delle lesioni carotidee, essendo stato dimostrato un beneficio a livello coronarico).

Per la scelta del tipo di trattamento, chirurgico tradizionale o endovascolare, lo specialista si deve basare sulla valutazione di una serie di fattori tra cui ad esempio l’anatomia dell’arco aortico (segmento dell’aorta dal quale originano i vasi che nutrono la testa e gli arti superiori), della carotide, le caratteristiche della stenosi e le condizioni generali del paziente.

Solamente studiando accuratamente il singolo “caso” è possibile scegliere la strategia terapeutica migliore, la quale, non necessariamente dovrà essere endovascolare, tranne in quelle circostanze accuratamente selezionate in cui questa metodica potrà essere risolutiva.

L’intervento vascolare tradizionale e l’intervento endovascolare mininvasivo rappresentano due validi strumenti complementari a disposizione del Chirurgo Vascolare, il quale continua ad essere l’unico Specialista che, data la conoscenza approfondita della patologia e delle tecniche sia tradizionali che endovascolari, ha in mano gli strumenti per poter decidere quale sia il trattamento migliore per la patologia arteriosa in base alle evidenze scientifiche ed alla tipologia dei quadri affrontati.


(20/03/2006)


Prendersi cura del proprio corpo è benessere

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