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Il cancro... la grande sfida

Qui medico-cura-te-stesso può fare molto, moltissimo: scendere in prima linea e attivare meccanismi fisiologici e mentali di ritmo, di efficienza, di salubrità, tali da influenzare l’immaginario collettivo dei suoi pazienti.
Esser medico vuole anche dire fornire un esempio concreto di organizzazione di stile di vita, di incontri ove la salute fisica e psichica diviene spettacolo sportivo, amenità, gioco, passatempo intelligente e formativo. Medico-cura-te-stesso mira inoltre a sviluppare un arricchimento collettivo maggiore di esperienze di fitness e sport o di altre attività artistiche altrettanto valide a corroborare il prestigio e il fascino della conoscenza medica o atte a ricevere, travasate e sublimate, le esperienze preziose che ogni medico si porta dentro e che possono arricchire vicendevolmente tutti.

Ed ecco tra le sfide di medico-cura-te-stesso il “cancro”, la grande sfida del terzo millennio. Il cancro, grande imputato della polluzione e di un sistema di vita stravolto rispetto alle origini dell’uomo: un insopprimibile complesso di immortalità che, nel biblico apologo della mela e del serpente, ci rende mortali e putrescibili.
Noi non sappiamo se siamo vittime della complessità di un sistema, troppo perfetto, il più bello e articolato sistema dell’universo e se davvero qualcosa andò storto nella creazione, e per non esser simili a Dio è stato inflitto nelle nostre carni un marchio indelebile di caducità.

Il cancro, ecco un’altra realtà estremamente individuale e scarsamente raffrontabile se non attraverso grossolani arruolamenti in coorti; una realtà che sfugge alle più sofisticate difese, inclusa quella immunitaria che pure è l’ultima risorsa contro agenti estranei, anche supersegregati, come i virus.
La natura e il suo divenire è il frutto di interazioni simbiontiche tra entità biologiche che si compenetrano ma si armonizzano e si colonizzano con vicendevole fruibilità; finché al rompersi di questo delicato equilibrio si scatena una malattia infettiva… Ma il cancro no; esso è subdolo, latente; si estrinseca, mimetizzato tra cellule sane di un tessuto ed invade con le proprie facoltà angiogenetiche il torrente linfatico ed ematico, ingannando e superando tutte le difese circolanti oltre che quelle stanziali.

Ancora oggi non sappiamo decifrarne la storia, l’epigenesi, e non abbiamo alle mani armi vincenti altro che destruenti bombe biologiche, e la vecchia chirurgia riconvertita dalle tecnologie: i nervi non suonano l’allarme precoce, il cancro non esordisce nel dolore, segno che si mimetizza o che è parte del processo di evoluzione della nostra vita.
Per questo arriviamo sempre, o quasi, in ritardo, quando la sopravvivenza si è gia consumata, in parte nel silenzio infraclinico, quando l’asportazione chirurgica risulta comunque inadeguata per il diramarsi in tutte le direzioni del male.
Del resto le campagne di prevenzione sono basate su meccanismi complessi e indaginosi, pesanti da gestire e costosi per la cosa pubblica.
Medico-cura-te-stesso potrebbe essere il primo filtro, ancora una volta il primo esempio di autosorveglianza e di esperienza per la sorveglianza degli altri, organizzando, nel proprio gabinetto, alcune strategie dedicate ai suoi pazienti e validate prima su se stesso.

Del resto, ancora per alcuni anni, in attesa che dalla terra promessa (la ricerca) arrivi una risposta terapeutica efficace, la cosa più saggia è la prevenzione, e quindi anche la diagnosi precoce, e un giudizioso, ben dosato approccio terapeutico basato sulla evidenza e sulla libertà: due termini fino a qualche tempo fa poco conosciuti e punto ri-conosciuti tra i diritti del paziente, incluso il medico, per timore che si vociferi tra il volgo “che talvolta il re è nudo” e “la soluzione è rinviata al prossimo numero”.
Ho visto molti medici morire di cancro in questi ultimi anni e molti anche vivere avendo riportato una stigmata indelebile di umanità e di sensibilità a beneficio del genere umano: molti di questi hanno cercato d’istinto cure integrative, senza peraltro rinunciare alle terapie più convenzionali purché fossero dimostrate nei fatti e in tempo utili e provviste di efficacia.

I medici non si discostano quindi dal paradigma della popolazione dei loro pazienti e spesso rinnegano ogni riferimento al loro male, pur nella evidenza obiettiva della malattia. Nessun medico, neanche il più incallito specialista può esimersi dall’avere con il suo paziente affetto da cancro un rapporto profondo di umanità e solidarietà, di scienza e di cultura filosofica ed umanistica; ed è questo l’altro end point della Medicina che mai deve venir meno: in mancanza di guarigione – un tangibile concreto sollievo e conforto – in questi anni sono sorti in Italia dei bellissimi hospice per pazienti terminali, frutto di arditi concetti architettonici e di strabilianti intuizioni ingegneristiche. Sono sorte, anche e per fortuna, da medici di grandissima statura, contornati da volontari di pari nobiltà, assistenze domiciliari ai malati stessi: un vero e proprio invisibile ospedale, oggi anche più telematico di ieri, che rende più percettibile il senso comune della vita che è proprio di tutti noi.

Medico-cura-te-stesso va in questa direzione: di esserci, di convalidare quanto di usufruibile a se stessi e ai pazienti, di esprimere sempre generosità e solidarietà, ponendo se stessi come riferimento ad ogni trattamento, continuando quello sforzo di ricerca immaginativo e creativo che permette, anche nella propria piccola realtà quotidiana, di apportare piccoli o grandi benefici.
È necessario che i medici non demandino alle aziende multinazionali, ed ai loro pur lodevoli ed etici profitti, tutte le soluzioni a tutti i problemi: se il medico studia una formulazione, anche galenica o magistrale, frutto della sua esperienza, e che ha riscontrato utile, egli si sentirà motivato e gratificato dal rapporto con il paziente più di quanto non lo possa in veste di trascrittore di ricette standard eguali per tutti.

Peraltro, anche la medicina alternativa sul cancro conclamato dichiara il proprio fallimento: i cinesi parlano di squilibri energetici, ma non hanno armi efficaci per rintuzzarlo e normalizzare la sopravvivenza o, se li hanno, non sono sufficientemente documentati e riconosciuti.
Eppure, dimenticavo che esistono anche i miracoli…
Raramente il cancro si arresta inspiegabilmente, e persiste per anni, quasi congelato da un messaggio di alt la cui ontogenesi ci sfugge totalmente: non sappiamo neppure bene il percorso di questa presunta apoptosi e controllo sulla crescita.
Teorizziamo cromogranina,integrine e linfociti killer, ma in realtà i linfociti non reggono all’impatto del cancro e sul cancro il placebo non funziona, oppure se lo fa si esprime solo sugli aspetti meramente palliativi.

Dicono che pregar fa bene e la metafisica irrompe nella medicina come una nuova era di fede cui si ricorre quando si è a corto di idee e di scienza: in realtà noi imbocchiamo la strada della filosofia esistenziale, delle grandi domande che ci legano al mondo e ad esso ci restituiscono per esorcizzare l’angoscia della morte e riuscire finalmente a viverla da medici e da pazienti in modo umano, un modo che ci consenta di guardarci negli occhi senza mentirci, ma neanche senza sostituirci nelle prognosi al Padrone della Vita.
Il cancro è la nostra ossessione monomanaiacale: distruggere le cellule neoplastiche, fino all’ultima, fino a renderle inferiori a mille, quelle mille che non riescono più a rigenerare una popolazione d’assalto e che via via si estinguono. Noi cerchiamo risposte apoptiche e ricette genetiche di mutanti; sfoderiamo coltelli affilatissimi e sciabolate di luce laser, fibre ottiche sottilissime e aghi che danno corrente. Cosa possiamo fare di più contro il nostro destino? Contrattare un po’ più in là la scadenza della nostra vita.

Anche restare a lungo in salute non è poi quel grande affare, mentre vedi cadere lungo il cammino tanti coetanei ed anche più giovani. Dunque, con medico-cura-te-stesso riacquista la consapevolezza della tua fragilità. Percorri tutte le esperienze di scienza e coscienza che paiono vantaggiose per te e per i tuoi pazienti e soprattutto, non lasciarti sopprimere dalla burocrazia, dal budget, dai contratti di fornitura e dalle singhiozzanti sigle che il burocratese, come l’esperanto ciclicamente ripropone: vivi un rapporto intenso, una tensione sempre evolvente; fa che il paziente incontrandoti ti trovi sempre te stesso, un te stesso migliore, diverso, poliedrico; e ciò non solo per merito dei crediti annuali obbligatori, ma per i crediti che tu sai acquisire verso la tua esperienza di vita: quei crediti che miscelano in pari grado scienza, speranza ed umanità.


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