Devo dire che mi sarebbe piaciuto molto veder pubblicate anche interviste ad uno dei tanti anonimi pazienti omeopatici come, ad esempio, la signora Rosina che, prima di essere visitata, mi ha testimoniato con enfasi tutta romana la sua educata ma veemente disapprovazione sui contenuti dell’articolo in questione.
Dopo aver prescritto per più di venticinque anni “acqua fresca” ai miei ignari pazienti, è ovvio che mi sia sentito parte in causa; pertanto ho deciso di provare a sintetizzare il contenuto dell’articolo comparso su The Lancet, citando fonti attendibili e verificabili.
L’autore dell’articolo “Are the clinical effects of Homeopathy placebo effects?” è Matthias Egger e coll., ricercatore svizzero dell’Università di Berna che ha preso in esame 110 studi clinici nei quali ha confrontato l’efficacia dei medicinali omeopatici versus placebo ed altrettanti effettuati con farmaci allopatici versus placebo sempre per confrontarne l’efficacia.
Le patologie prese in esame riguardavano alcune malattie respiratorie, allergiche, ginecologiche, gastroenteriche, neurologiche oltre a malattie di pertinenza chirurgica. Obiettivo del lavoro doveva essere quello di mettere a confronto le diverse ricerche effettuate nel campo dell’Omeopatia e valutarle criticamente, ovvero effettuare una “metanalisi”, prassi ormai consolidata ed abituale della ricerca medica scientifica. I risultati del lavoro hanno stabilito che gli effetti clinici dell’Omeopatia sono paragonabili a quelli placebo.
Il professor Paolo Bellavite, docente di Patologia generale del Dipartimento di Scienze Morfologiche dell’Università di Verona, si occupa da molti anni della verifica scientifica dell’Omeopatia con spirito critico e senza pregiudizi come si conviene ad un vero ricercatore. Questa premessa è fondamentale in quanto noi medici clinici non abbiamo gli “strumenti” e le nostre verifiche sono rappresentate unicamente dai successi o dagli insuccessi terapeutici.
Bellavite oltre ad essere un medico si occupa anche di ricerca, pertanto ritengo utile riportare sinteticamente alcuni suoi commenti al lavoro di Egger per dare voce a chi conosce e usa il linguaggio della ricerca. Per prima cosa Bellavite ci informa che gli autori dello studio partono dalla convinzione che gli effetti specifici dell’Omeopatia siano “implausibili” e che i risultati positivi finora riportati negli studi clinici siano frutto di “bias” (errori metodologici o cattiva interpretazione dei dati) nella sperimentazione o nella pubblicazione. Gli autori hanno raccolto 110 studi clinici omeopatici e, per fare un confronto con la medicina allopatica, hanno estratto a caso altrettanti studi clinici convenzionali sulle stesse patologie. Tutti gli studi in esame erano randomizzati e controllati con placebo. Dai dati raccolti si evince un notevole interesse ma le conclusioni sono criticabili.
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