Visto da lontano non ha niente del poeta austero e nobile. Non il fisico, che è piccolo e sgraziato, non il volto, piuttosto bizzarro e gioviale, né il portamento, che somiglia a quello di un cabarettista di paese. Sembra piuttosto un cantante country, di quelli che ormai suonano solo per gli amici, perché il loro percorso ormai l’hanno fatto, e la musica ha insegnato loro un disincanto sereno.
Il suo viso sembra una cartina confusa, che, a saperla leggere, racconterebbe le cime e gli avvallamenti di settantadue anni passati a combattere con le parole – attraverso le parole. Ma l’umanità di questa sua età, la sua tenerezza di settantaduenne, è istintiva, immediatamente comprensibile a una prima occhiata. Come se tutti gli scarabocchi incoerenti sul suo volto si mettessero a posto di colpo e lo svelassero. Fino a dire: ecco, lo vedo l’animo di quest’uomo, non può che essere così e così.
La prima cosa che colpisce è la profondità delle sue rughe. Forse è a causa dell’altezza della sua fronte se risaltano con questa forza, ma resta il fatto che quasi metà del suo volto è disegnata da evidenti solchi longitudinali. Un uomo che ha pensato. Ma anche un uomo che deve avere riso molto, visto che le stesse rughe invadenti e profonde partono dagli occhi e vanno verso le tempie e le basette non curate. E ancora troviamo due profonde scanalature verticali sulle guance molli, a segnare i lati della bocca.
Poi i suoi peli. I capelli sono ancora tanti e ancora scuri. Certo, fili bianchi ce ne sono, ma distribuiti uniformemente, senza creare zone di colore diverso da quell’imprecisato grigio-marrone. E li tiene lunghi, persino. Li lascia crescere fino al collo, disordinati e confusi: tanti fili separati che si animano in controluce.
La loro eco naturale sono i baffi, altrettanto vivaci: lunghi e cespugliosi a formare due rispettabili batuffoli sotto il naso. E appena ingialliti dal fumo alle estremità. Tutti quei peli strani, incuranti dell’età o del ritegno, ma sensati sulla faccia ispida e pacifica di quest’uomo.
Occhi segnati, naturalmente. Castani, come i capelli, come i baffi. Con un taglio un po’ malinconico al naturale, ma sempre indotti al sorriso dai sentimenti. E loro ubbidiscono, docili, strizzandosi, rimpicciolendosi, fino quasi a lacrimare. Accompagnati dalle labbra sottili, quasi invisibili sotto i baffi che si stendono e si inarcano all’insù. E da un arricciarsi del naso adunco e ingombrante, eppure complice nel sorriso. Ma sono proprio gli occhi, che si stirano felici e spariscono fra le rughe di questa faccia, a regolarne la vita, a dare ordini al resto della sua fisionomia: sii allegro, sii felice, c’è parecchio da ridere, nonostante tutto. E il vecchio poeta ride, ride sempre, nel suo corpo a pera, nel suo volto secco eppure fertile, come non ci fosse altro da fare.
"Sentiero", 2003
Vai al tuo cuore infranto.
Se pensi di non averne uno, procuratelo.
Per procurartelo, sii sincero.
Impara la sincerità di intenti lasciando
entrare la vita, perchè non puoi, davvero,
fare altrimenti.
Anche mentre cerchi di scappare, lascia che ti prenda
e ti laceri
come una lettera spedita
come una sentenza all'interno
che hai aspettato per tutta la vita
anche se non hai commesso nulla.
Lascia che ti spedisca.
Lascia che ti infranga, cuore.
L'avere il cuore infranto è l'inizio di ogni vera accoglienza.
L'orecchio dell'umiltà ascolta oltre i cancelli.
Vedi i cancelli che si aprono.
Senti le mani sui tuoi fianchi,
la tua bocca che si apre come un utero
dando alla vita la tua voce per la prima volta.
Vai cantando volteggiando nella gloria
di essere estaticamente semplice.
Scrivi la poesia.
Dall'unione dell'anima e del corpo nasce il benessere
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