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UN ULTIMO SALUTO A ROSA PARKS. UNA PICCOLA GRANDE DONNA
Aveva 92 anni e si è spenta ieri a Detroit. Storia di una piccola signora che ha cambiato il mondo con una sola parola.

Laura Sarotto

Era una signora nera piccola e minuta. Di lavoro, ormai, faceva la pensionata e come tutti i pensionati faceva fatica a tirare fine mese. Vedova del marito Raymond, malata di demenza senile diagnosticatale nel 2002, la signora Rosa è morta nel sonno nel suo letto, nella sua casa di Detroit, ieri, 25 ottobre 2005, all’età di 92 anni.
Sembra una storia come tante, senza neppure il diritto di salire agli onori della cronaca. Ma la signora Rosa sui giornali era apparsa già molti anni prima. E aveva cambiato la storia. Si chiamava Rosa Parks.

LA STORIA
Era il 1955, lo stato era quello dell’Alabama, baluardo, come la maggior parte degli stati del sud degli Stati Uniti in quegli anni, della cultura WASP e del vecchio schiavismo che la Guerra di Secessione avrebbe dovuto aver abolito già molti anni prima. Rosa Parks stava tornando dal lavoro. Un tragitto che la minuta donna di 42 anni aveva fatto centinaia di volte. All’epoca vigevano le leggi razziali e il potere bianco era forte fuori e dentro i tribunali. I luoghi per bianchi e per neri erano separati e persino sui mezzi pubblici le prime file degli autobus erano riservate ai bianchi. Non solo. Se un bianco saliva sull’autobus e i posti erano tutti occupati, poteva chiedere a un nero di cedergli il posto. La pena per un afro-americano che avesse rifiutato sarebbe stata una multa. Ma i rischi in realtà erano molti di più.

Rosa Parks, che lottava già per la difesa dei diritti civili delle persone di colore e che l’autobus lo doveva prendere tutti i giorni per andare e tornare dal lavoro, quel giorno era stanca. Come disse lei stessa anni dopo “stanca di cedere” . E si sedette. Quando qualche fermata più tardi un uomo bianco salì e chiese a lei e ad altre tre persone di cedergli il posto, gli altri tre si alzarono, Rosa disse “No” . Neppure l’autista, avvicinatosi con la minaccia di chiamare la polizia, riuscì a convincerla: era arrivato il momento di smetterla di cedere.

LE CONSEGUENZE
Il gesto non fu certo privo di conseguenze. Rosa Parks venne arrestata e le venne inflitta una multa più il pagamento delle spese processuali. Già dal giorno dopo, però, il movimento per la difesa dei diritti civili dei neri aveva cominciato la sua lotta silenziosa. Sotto la guida di un giovane reverendo allora 26enne chiamato Martin Luther King Jr. , il movimento iniziò un boicottaggio dei mezzi pubblici che durò 381 giorni. I taxisti neri avevano abbassato le tariffe eguagliandole a quelle degli autobus per favorire la protesta, ma molti neri protestarono andando al lavoro a piedi anche per diversi chilometri. La Corte Suprema dichiarò, di lì a poco, incostituzionali le leggi segregazionali.

Nonostante ciò, dopo quel “no” la vita per Rosa Parks era diventata impossibile: licenziata dal lavoro, continuamente minacciata, aveva finito per lasciare Montgomery e trasferirsi a Detroit nel 1957.
A Detroit, Rosa lavorò dapprima come cucitrice, poi venne assunta come assistente di un membro del congresso USA, il democratico John Conyers. Nel 1977 perse il marito, nel 1987 fondò il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development, un istituto dedicato ai giovani, con lo scopo di aiutarli a prendere coscienza di se stessi. Insignita da importanti medaglie civile dal governo statunitense, Rosa non divenne mai ricca. Tanto che quando fu derubata in casa una decina di anni fa, il ladro non portò via che pochi dollari.

LA MEMORIA DI ROSA
Rosa è morta ieri, il peso degli anni si era fatto sentire già da tempo. Ora può riposare, non deve più lottare. Lei è morta dimenticando, con i ricordi divorati dalla malattia della vecchiaia. Noi, invece, non dimenticheremo mai.

Fonte: PeaceReporte.net


(26/10/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


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