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MILANO: IL TERRORISMO RECITATO. IL SENSO E GLI EFFETTI
A Milano si è svolta la prima esercitazione nazionale antiterrorismo, cui seguiranno quelle di Roma, Napoli e Torino. Si è trattato di un evento articolato, complesso e originale. Tanto simile al cinema da parere surreale, tanto significativo per noi da essere, probabilmente, inevitabile. Un evento in bilico tra realtà, finzione e prospettive.

Stefano Zoja

Come in un film. Di nuovo l’uso della similitudine, ormai fiaccata dalle ripetizioni, che insiste sulla atroce spettacolarità degli eventi di natura terroristica, che scandiscono la cronaca di questi anni e punteggeranno i libri di storia dei prossimi decenni. Per le strade di Milano si è attuata una messa in scena tanto grandiosa nell’accuratezza della simulazione, quanto terribile nei suoi significati.

La finta giornata da incubo si articola in tre scene fondamentali, che stanno diventando stereotipiche nell’immaginario legato al terrorismo globale: la bomba alla stazione, la bomba in metropolitana, la bomba sull’aereo. Alle 12:02 di venerdì scorso esplode una “bomba” sul Malpensa Express alla stazione di Cadorna. In un’area immediatamente recintata si affollano i soccorritori: polizia, carabinieri, Croce Rossa, vigili del fuoco, persino esperti in tuta e cappuccio verde che devono controllare che l’attacco non sia chimico. Appena fuori dal recinto sono puntati sulla scena decine di obiettivi e centinaia di sguardi di curiosi, ma dentro a quello spazio ci sono le urla, il sangue, gli elicotteri, il fumo rosso. Il copione prevede che la simulazione sia completa: alle 12:05 viene evacuato Palazzo Marino e il sindaco Albertini e l’assessore alla sicurezza vengono prelevati e trasportati in un luogo sicuro dal quale potranno seguire l’evolversi della situazione. Sul piazzale procedono i soccorsi in mezzo alla confusione, tra le persone distese a terra, come morte.

Alle 12:20 una seconda bomba esplode nella stazione della metropolitana di Cadorna. Di nuovo il panico: le corse vengono fermate, scatta il piano per l’evacuazione. Dalle scalinate della metro emergono volti insanguinati, ragazzi sotto shock, poliziotti in fibrillazione ma efficientissimi. Una donna appena riemersa dall’inferno urla, si sbraccia, poi vuole tornare di sotto, non si capisce perché, forse cerca qualcuno che è rimasto tra le fiamme. La bloccano. Poco più in là un giovane col capo ricoperto di sangue vomita. C’è qualcosa di maniacale, di terribile nella cura del copione e degli effetti speciali. Puro cinema, al servizio della sicurezza, dicono: la simulazione deve essere più realistica possibile, per allenare le squadre di intervento al caos e al panico. Tutto è curato fino all’estremo: dal macroscopico – gli elicotteri che sorvolano piazzale Cadorna – ai particolari, come le schegge di vetro che emergono dalla carne di alcuni “feriti”. Qua e là capita di vedere dei sorrisi, sia fra gli operatori che fra i curiosi, ma sono smorfie tirate, nervose, stoppate in fretta dalla coscienza che ricorda perché stiamo facendo tutto questo.

Ore 12:48, a Linate i gruppi speciali dei carabinieri arrestano un terrorista che, nel tentativo di collocare una bomba su un volo di linea, aveva preso in ostaggio i passeggeri di un pullman aeroportuale. Minuti di tensione, poi l’irruzione nel bus e gli agenti “neutralizzano” il terrorista. Il tutto si vedrà, in seguito, nei telegiornali, attraverso riprese perfette. In piazzale Cadorna il lavoro proseguirà ancora un paio d’ore scarse. Poi tutto sarà finito. I morti potranno rialzarsi, i feriti lavarsi, i soccorritori congratularsi. Tutto contornato da qualche risata, e probabilmente è una fortuna.


  
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