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Nel 1985 due ricercatori americani, Schlitz e Braud, hanno condotto una serie di sperimentazioni per appurare se il trattamento a distanza inducesse una condizione di rilassamento nelle persone trattate. Le condizioni dell’esperimento prevedevano l’invio di energia per trenta secondi circa, mentre nella pratica del Reiki la durata ottimale sui aggira intorno al quarto d’ora.

I soggetti dell’esperimento hanno riportato le sensazioni provate mentre ricevevano energia, tra cui brividi, tremori muscolari, formicolio, calore, necessità di respirare profondamente, perdita della sensibili-tà in alcune parti del corpo. Alcuni dissero di aver avuto anche un’esperienza di bilocazione (o viaggio astrale). Tre af-fermarono di aver provato sensazioni mai vissute in precedenza.

Recentemente Nancy Eos, dottoressa allopatica statunitense iniziata al Reiki ed oggi Master, ha pubbli-cato un testo estremamente interessante, “Reiki and Medicine”, nel quale riporta le esperienze da lei vissute negli ultimi anni utilizzando il Reiki nel reparto di pronto soccorso di un ospedale americano.

Tra i problemi da lei felicemente risolti, opportunamente documentati, troviamo casi di shock anafilattico, tossicodipendenza, arresto cardiaco in seguito a scossa elettrica, epiglottide, arresto di emorragie, etc...

Nel testo sono riportati una ventina di casi particolarmente signi-ficativi, tra i quali quello che ci ha colpito di più riguarda una persona di 67 anni, ricoverata d’urgenza in seguito ad arre-sto cardiaco provocato da un collasso.

L’autrice racconta che l’elettrocardiogramma è rimasto piatto durante tutto il tra-gitto fino al pronto soccorso, e che il cuore si è rimesso immediatamente a battere non appena le porte dell’ambulanza si sono aperte e lei ha avuto la possibilità di poggiare le mani sul corpo del paziente.
La cosa che la stessa Nancy Eos trova sconvolgente è che l’ambulanza ha impiegato venti minuti a raggiungere il luogo dell’incidente e altri tre quarti d’ora prima di far ritorno al pronto soccorso, per cui il paziente è rimasto per circa un’ora con l’elettrocardiogramma piatto e privo di pulsazioni cardiache spontanee, per quanto stimolato dal personale paramedico lungo tutto il tragitto: erano or-mai tutti pronti a stilare il certificato di morte clinica.

Tra le ricerche effettuate finora, una delle più interessanti dal punto di vista strettamente scientifico è stata con-dotta nel 1988 da un’équipe di ricerca californiana, illustrata in un saggio di Wendy Wetzel.

I ricercatori si sono basati sui lavori della Dr. Dolores Krieger nel campo del Terapeutic Touch, terapia energetica che pre-senta qualche analogia con il Reiki in quanto lavora anch’essa sul principio dell’energia neutra.

In questa sperimentazio-ne, vennero misurati i valori dell’emoglobina di una serie di pazienti sottoposti a tale terapia, e nella quasi totalità dei casi tali valori registrarono un significativo aumento.

In base a questo risultato la Dr. Krieger formulò l’ipotesi che l’emoglobina, essendo un indicatore del trasporto di ossigeno nel sangue, costituisca un parametro che esprima al tempo stesso il trasferimento di energia vitale.

Basandosi su queste ricerche, gli sperimentatori californiani si servirono di quarantotto volontari, utilizzando al tempo stesso un gruppo di controllo non coinvolto nel Reiki, costituito da dieci persone.

I due gruppi vennero strutturati in modo da esprimere gli stessi parametri per quanto riguarda istruzione, età media, razza e condizione sociale. Ai mem-bri di ogni gruppo vennero effettuate analisi complete del sangue in due separate occasioni, a differenza di venti-quattr’ore, nelle quali solo il primo gruppo ricevette le attivazioni al primo livello di Reiki.


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