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VACCINAZIONE: UN PERICOLO, UN OBBLIGO O UN'ALLEATA?
Una “vecchia” questione, ancora in parte oscura, riveste d’ombra alcune metodologie di prevenzione e cura adottate ufficialmente dalla scienza medica. Il presente vuole essere un primo articolo di spunto e “iniziazione” al mondo delle vaccinazioni.

Francesca Giomo

Ultimamente è capitato in redazione un libro estremamente interessante, che trattava dell’ambiguo mondo della vaccinazioni: ”Sanità obbligata”* di Silvia Benatti. Forse per coincidenza o per necessità, poco tempo dopo, una rivista trimestrale d’inchiesta (Nexus*) nel suo ultimo numero ne riportava un brano interessante, affiancandovi un altro articolo “scottante” in approfondimento. Se il brano riportato nella rivista del libro della Benatti trattava l’argomento soprattutto da un punto di vista “legislativo”, l’articolo che seguiva lo affrontava dal punto di vista “medico”, offrendo ai lettori una duplice visione della questione,

Dal momento che è un argomento che avevamo già intenzione di affrontare in maniera approfondita, per iniziare i nostri lettori alla tematica e insinuare qualche dubbio a chi già non ne ha, mi sembra possa essere utile proporre una visione d’insieme dei punti focali trattati dai due scritti, che vanno ben oltre la questione stessa.

Partendo dal testo della Benatti, si esamina il fatto che per ben quattro anni lo Stato, insieme a consulenti scelti dalla comunità scientifica, ha deciso cosa era giusto fare e cosa era giusto non fare per la sanità della propria collettività. Quindi, nel 1939, 1963, 1966 e nel 1991, il Parlamento italiano ha introdotto leggi di obbligatorietà di alcune vaccinazioni, contro la difterite il tetano, la poliomielite e l’epatite B.

La Benatti sostiene che, agendo in tal modo, lo Stato abbia imposto al cittadino un preciso “percorso di salute collettivo”, senza dare a ciascuno la possibilità e il diritto di scegliere il “proprio percorso salute”, quello più adatto e consono alla propria filosofia di vita, nonché alla propria risposta biologica. E’ stato negato all’”uomo-bambino” italiano di avere la maturità di scegliere cosa fosse giusto per lui e l’atteggiamento da assumere nei confronti della sicurezza della collettività. E’stato de-responsabilizzato. Quindi, come una madre apprensiva e soffocante, lo Stato si è imposto con una sua visione dello “stare bene” individuale, una “delle possibili (modalità, ovvero la vaccinazione obbligatoria), avvalendosi di consulenti provenienti da una delle medicine possibili…”.

Se l’articolo 32 della Costituzione afferma che : “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività e garantisce cure agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana, la sentenza numero 307 del 1990, per evitare fraintendimenti, riconferma e sottolinea che: ”La legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 della Costituzione se il trattamento stesso sia diretto a migliorare e a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato e degli altri membri della collettività (a tutela della quale si giustifica la compressione della libertà di ciascuno determinata da quella imposizione).”

L’idea sottesa alla sentenza è che, per la salute della collettività, si sacrifica la libertà del singolo, da cui, peraltro, la collettività stessa è formata. Ma appare chiaro anche che la scelta del trattamento adottato per la salute della collettività è solo prerogativa dello Stato e della comunità scientifica di turno, non del cittadino. Quindi, citando ancora testualmente la Benatti: “…la legge può obbligarci a “stare meglio” secondo i canoni della scienza ufficialmente recepita, pena l’irrogazione di sanzioni”.


  
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